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 2014  settembre 19 Venerdì calendario

NEL PD LA RIVOLTA DI UN MONDO “BUTTIAMO VIA I NOSTRI VALORI”

Non è una guerra senza quartiere perché il quartiere c’è, ed è il Pd. E non è nemmeno di quelle che scoppiano così, quasi per caso, perché ci si preparava da tempo, e la posta in palio è tanto chiara che di più non si può: innovazione contro tradizione. E’ una sorta di guerra civile, quella che squassa il Pd, quasi uno scontro di religioni, e non è un caso che la miccia siano - a dirla in sintesi - il lavoro e il destino dell’articolo 18.
Qualcuno dovrà vincere e qualcun altro perdere, di qui non si scappa: e chi prevarrà potrà ridisegnare oppure restaurare profilo, valori e identità del sempre inquieto Pd.
Vincesse Renzi, quella sorta di mutazione genetica avviata con il suo avvento alla segreteria e poi al governo (41% tre mesi dopo) produrrebbe una nuova e forse decisiva trasformazione del partito: visto che la questione mette in discussione la sua stessa ragione sociale. Vincessero gli altri - la «vecchia guardia», se vogliamo dir così - gli esiti potrebbero essere imprevedibili: e nemmeno il precipitare verso elezioni in primavera, sarebbe più da escludere.
La «vecchia guardia», dicevamo. In certi casi vecchissima e ancora amatissima tra i soggetti - i lavoratori dipendenti, per semplificare - in nome dei quali divampa la guerra civile. Sergio Cofferati, animatore di manifestazioni oceaniche in difesa dell’articolo 18, quasi non ci crede: «Si punta alla cancellazione di diritti elementari che la sinistra, prima, e il Pd, poi, hanno sempre difeso. Buttiamo via i nostri valori in cambio di che?».
In cambio dell’ennesima legittimazione a governare, si risponde da solo: e sempre più spesso il destino di chi governa si decide in Europa. «Se il Pd si spacca, se la tensione cresce, se i sindacati proclamano uno sciopero - annota Cofferati - Renzi pensa di poter poi andare in Europa e dire: “Avete visto che casino? Eppure la riforma io l’ho fatta”... Desolante. La sensazione è sempre più quella di una caduta verticale di professionalità, di capacità di governare».
Molte cose sono già andate di traverso alla «vecchia guardia» (a «quelli di prima», per dirla con Renzi): il patto con Berlusconi, una legge elettorale contestata, una riforma del Senato imposta a colpi di diktat e metodi di direzione (del partito e del governo) mai davvero digeriti. Il Pd trasformato in un qualunque «partito del leader». Passo dopo passo, verrebbe da dire, la mutazione continua: ma il passo che il governo intende fare sul lavoro, stavolta, è di quelli capaci di richiamare alle armi anche chi - contro il proprio stesso temperamento - s’era messo mestamente d’un canto.
«Se Renzi va avanti, troverà dei giapponesi pronti a combattere - annuncia Rosy Bindi -. Si comporta come se stesse in un altro partito: non ha mica vinto le primarie promettendo la cancellazione dell’articolo 18! Comunque, se il presidente del Consiglio è tranquillo perché è certo di avere i voti di Berlusconi, bene: vuol dire che saranno sostitutivi di alcuni dei nostri. Io ho partecipato e sostenuto le manifestazioni di Cofferati - conclude - e pensavo di aver fondato, col Pd, un partito di sinistra: se lo si vuol trasformare in qualche altra cosa, ci sarà tanta gente pronta ad opporsi».
Un partito di sinistra, o di sinistra-centro: che non deve cambiare né collocazione né ragione sociale. «Se gli innovatori sono la destra, che pensa di uscire dalla crisi riducendo i diritti e la dignità di chi lavora - conferma Gianni Cuperlo - io penso per noi sia giusto stare dall’altra parte». Un partito di sinistra, o di sinistra-centro, che non può trasformare la sua segreteria «in un completamento dello staff di Renzi» (Fassina). Un partito di sinistra, o di sinistra-centro - però - che prima perdeva e adesso vince: allargando, appunto, i propri consensi non solo al centro ma, talvolta, perfino a destra. E questo è un fatto - frutto della mutazione - con cui si dovrà pur fare i conti.
Dice Pier Luigi Bersani - ultimo segretario «tradizionale» del Partito democratico - che quel che pare voglia proporre il governo gli sembra “surreale”. E rincara: «Si descrive l’Italia come vista da Marte». Vien da chiedersi come descriverebbe il Pd qualcuno che lo osservasse da Marte. Un partito in trasformazione? In disfacimento? Un partito moderno, tanto moderno da sembrare americano? Difficile dirlo.
Visto dalla Terra, invece, comincia a ricordare - dopo qualche mese di calma piatta - certi attualissimi e terribili scenari medio-orientali: califfi, ribelli, annunci di vendette e guerre sante di cui pochissimi avvertivano la mancanza. Non potrà durare a lungo, così. «E infatti Renzi è lì che osserva e decide il da fare - conclude Rosy Bindi -. Con la pistola delle elezioni sempre lì, sul tavolo, pronta a sparare...».
Federico Geremicca, La Stampa 19/9/2014