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 2014  settembre 19 Venerdì calendario

TIZIANO IL CATTOLICISSIMO AL CUI CONFRONTO IL FIGLIO PASSA PER UNO PACATO E PRUDENTE

Da qualche tempo in qua a Rignano sull’Arno è vietato bestemmiare. Specialmente dentro il Pd e nelle zone limitrofe, ed è una bella stranezza poiché da quelle parti si fa vilipendio al creatore per intercalare, o perché si è maledetti toscani e mangiapreti. E però il segretario del partito è Tiziano Renzi, sessantatré anni, che è molto credente e appena gli riesce si imbarca per i pellegrinaggi, specialmente a Medjugorje, della cui Madonna è un gran devoto. Non sono mica tante le passioni di Tiziano: la religione, i sigari che gli impegnano la bocca da accesi e da spenti, il campo di bocce per il quale si è fatto in quattro e su cui ingaggia qualche sfida serale, le grigliate di carne in giardino, naturalmente la politica, ambito nel quale si è guadagnato il titolo di pazzo di famiglia, e la famiglia è quella del figlio Matteo, il premier. A Rignano dicono che, e in paragone al babbo, Matteo è un apostolo della pacatezza e della prudenza. Il fumantino, il vulcanico, l’imprevedibile è il babbo, vecchio democristiano di sinistra, dunque sostenitore di Aldo Moro e del compromesso storico, fedele a Benigno Zaccagnini e, prima che il ragazzo si trasformasse nel Rottamatore, era bindiano, e ci si ricorda di quando Rosi veniva al paese per dare un mano a padre e figlio. Ora ci spargerebbe sopra il sale.
E insomma, Tiziano è quello che non si tiene: quando litigava col sindaco comunista per una settimana non andava più alla Coop a fare la spesa (fantastico aneddoto raccontato nei suoi libri su Renzi jr da David Allegranti), ma almeno il sindaco comunista non era suo parente: a Rignano si è visto Renzi sr intervenire in assemblee del partito democratico per circostanziare la grullaggine dell’erede, e senza tanti giri di parole. Tiziano non è certo uno da partito liquido e organizzazione orizzontale, lui è cresciuto col solido partitone novecentesco, dove c’è una gerarchia e si ubbidisce, e quelli buoni vengono selezionati dall’alto, non dalle primarie che - dice Tiziano - son cose da furbini e non per forza premiano i migliori. Ma se servisse la precisione di un virgolettato, ecco quello che affidò a Chi, in una indimenticabile intervista parallela genitore-ragazzo: «Quando penso a voi figli, non sono orgoglioso di te. Sono orgoglioso, casomai, della scelta di tuo fratello Samuele, medico, che ha lasciato Firenze per non essere accusato di essere un raccomandato. Adesso è in Svizzera e nessuno può dirgli di esserci arrivato grazie alle spinte (...) Dovete rottamare anche qualche giovane, tra quelli che non hanno voglia di sognare. Troppo comodo fare solo una rivendicazione anagrafica. Mandate a casa anche quei ragazzi che sono giovani solo sulla carta d’identità, ma pigri dentro». Ce l’aveva proprio con Matteo, che gli aveva appena detto: babbo, hai l’età di Pierluigi Bersani, fatti da parte. Non lo fece, ma ora gli è toccato: ieri ha annunciato che lascerà la segreteria del Pd di Rignano, che pure conservava in attesa di congresso. Un’indagine non ammette indugi.
Eppure, negli ultimi tempi, Tiziano cercava di non essere d’intralcio a Matteo: aveva promesso di levarsi da Facebook («ogni mio sospiro diventa uno tsunami») dopo una spettacolosa lite con Piero Pelù. «Sappiamo bene quanto il padre di Renzi sia uno dei grandi capi della massoneria toscana, ha in mano molta informazione», fu l’accusa un po’ facilotta e un po’ canagliesca. La risposta fu istintiva come una scazzottata: «Sono onorato di non conoscere quel personaggio che spara merda sulla mia famiglia, di essere agli antipodi morali, sociali, economici e spirituali di chi, per vendere un disco in più dà aria alla bocca emettendo rantoli indecifrabili. Io uso la bocca per nutrirmi, buon pranzo a tutti. Augh». Buon pranzo, ma anche buon lavoro: Tiziano si occuperà dei nove nipoti che gli hanno dato i quattro figli, cercherà di realizzare il sogno un po’ folle di collegare i tre outlet di zona via Arno, coi traghetti, e quando Matteo andrà a trovarlo gli dirà, come ogni santa volta: «A me quella Boschi lì mi è simpatica come un dito in un occhio». Va bè, non dice occhio.
Mattia Feltri, La Stampa 19/9/2014