e. f., la Repubblica 19/9/2014, 19 settembre 2014
ORA ANCHE LE SHETLAND VOGLIONO VOTARE E TENERSI IL PETROLIO
Edimburgo.
Sono così lontane, remote e difficilmente raggiungibili che talvolta il resto della Gran Bretagna si dimentica di loro: nelle carte geografiche non c’è sempre spazio per inserirle, sicché bisogna metterle in un quadratino a parte. Eppure le Shetland, isolette scozzesi famose per la lana di pecora e per i pony, colgono l’occasione del referendum scozzese per ricordare che dalle mappe potrebbero uscire davvero: per non fare più parte della Scozia e forse nemmeno del Regno Unito. Tradizionalmente meno favorevoli all’indipendenza rispetto al resto della Scozia, alla vigilia del voto hanno fatto sapere che, se la Scozia lasciasse la Gran Bretagna, il minuscolo arcipelago potrebbe lasciare la Scozia, chiedendo a sua volta l’indipendenza. E se i suoi 23 mila abitanti non sono poi tanti, nelle sue acque ci sono immensi giacimenti di petrolio, una parte considerevole dell’oro nero che costituisce la principale ricchezza scozzese, per cui la minaccia di andarsene ha suscitato non poca apprensione a Edimburgo.
A esprimerla è Alastair Carmichael, deputato conservatore eletto in rappresentanza delle Shetland, oltre che ministro per la Scozia nel governo britannico. «Se le Shetland votassero per il no all’indipendenza, ma la Scozia nel suo complesso votasse per il sì, è probabile che le isole vorrebbero ripensare il proprio futuro», ha detto al Guardian.
Come identità storico culturale, le isole si sentono più legate alla Norvegia, a loro più vicina di Edimburgo e a cui appartennero fino al 15esimo secolo. Come simpatie politiche, preferiscono la Gran Bretagna alla Scozia, tanto da considerare l’ipotesi di proclamarsi «territorio della corona », legato al Regno Unito senza farne tecnicamente parte (come l’isola di Man). Altrimenti potrebbero considerare la riunificazione con la Norvegia o diventare un mini stato sovrano: al mondo ce ne sono di più piccoli. In primavera hanno chiesto al governo autonomo scozzese di fare un referendum per decidere, ma Edimburgo ha rifiutato, inviando promesse di più autonomia e più denaro pubblico. Qualcuno la chiama “sindrome della secessione”: una regione si separa da uno stato, una provincia dalla regione, magari anche una città dalla provincia, visto che in un paio delle Shetland, con più pecore che umani, metà isola sostiene di avere accento, tradizioni e carattere differenti dall’altra metà. Parafrasando una massima di Churchill, un’indipendenza dentro una secessione dentro un separatismo. Come in un gioco infinito di scatole cinesi.
e. f., la Repubblica 19/9/2014