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 2014  settembre 19 Venerdì calendario

EBOLA, ATTACCO AL TEAM DI SOCCORSO MASSACRATI MEDICI E GIORNALISTI: 8 VITTIME

NEW YORK.
Nel giorno in cui le Nazioni Unite hanno per la prima volta definito l’epidemia di Ebola come «una minaccia per la pace e la sicurezza del mondo », i cadaveri di otto persone, tra cui alcuni medici, infermieri e tre giornalisti, sono stati ritrovati nei gabinetti pubblici di Wome, un villaggio vicino alla città di Nzerekore, in Guinea. Avevano la gola squarciata. Dietro alla strage, la rabbia degli abitanti di quella regione poverissima dell’Africa occidentale e il loro timore che la squadra di giornalisti e tecnici, giunta lì per un’opera di educazione, disinfezione e prevenzione, stesse invece diffondendo il virus.
L’epidemia di Ebola, che ad oggi ha fatto 2600 vittime per lo più in tre paesi (Sierra Leone, Guinea, Liberia), è scoppiata in una città di frontiera nel Sud Est della Guinea, Guéckédou, che non è lontana dal luogo dell’eccidio. Il team era arrivato lì martedì scorso ed era stato subito accolto con il lancio di pietre, tanto che gli otto avevano subito tentato di nascondersi. Da quel momento non si è saputo più nulla della loro sorte. Il governo ha cercato di raggiungere la zona, ma non c’è riuscito per via di un ponte bloccato. Poi, ieri, c’è stata la terribile scoperta.
L’eccidio è una conferma della rapida trasformazione della crisi del Ebola da sanitaria ad economica e sociale. Tra le popolazioni colpite il livello di istruzione è molto basso. Le condizioni sanitarie sono pessime. La povertà è endemica. Molti abitanti sono persino convinti che Ebola non esista e si rifiutano di collaborare con le autorità.
Dopo tanti ritardi, che non hanno fatto altro che aggravare la situazione, la comunità internazionale sta cominciando a muoversi con più impegno e determinazione. Martedì Barack Obama, durante una visita al centro per le malattie infettive di Atlanta, ha deciso l’invio a Monrovia di un contingente di 3mila uomini guidati da un generale per coadiuvare gli aspetti della sicurezza. E sempre gli Stati Uniti, che hanno la presidenza di turno del Consiglio di sicurezza, hanno convocato ieri una riunione ad hoc dell’organismo esecutivo dell’Onu su come affrontare l’emergenza in Africa occidentale.
Secondo quanto ha riferito il segretario generale del Palazzo di vetro, Ban Ki-moon, al termine della riunione, le Nazioni Unite hanno lanciato una missione speciale di emergenza (Unmeer) col mandato di contrastare la diffusione del virus. Guidata da David Nabarro, che da coordinatore Onu per l’emergenza è stato promosso sul campo inviato speciale, la missione avrà come priorità strategiche di fermare la diffusione della malattia, curare i pazienti colpiti dal virus, garantire servizi essenziali, preservare la stabilità e prevenire la diffusione nei Paesi dove il virus non si è ancora diffuso.
Alla riunione di ieri a New York ha partecipato anche il direttore dell’Oms (Organizzazione mondiale della sanità) Margaret Chan. E’ stata lei che ha parlato di «una crisi umanitaria, sociale, economica e una minaccia per pace e sicurezza internazionale» che va ben al di’ là dell’emergenza sanitaria. E’ la terza volta nella storia dell’Onu che il Consiglio di Sicurezza si riunisce su una epidemia, la prima volta in cui i quindici paesi membri definiscono l’epidemia una minaccia alla pace e alla sicurezza del mondo.
In risposta a questa crisi il Consiglio di Sicurezza ha adottato una risoluzione per espandere la risposta globale alla diffusione di Ebola. Il documento, che chiede di non isolare i Paesi colpiti, è stato sponsorizzato da ben 131 paesi-membri, un record nei 69 anni della storia delle Nazioni Unite: tra questi l’Italia. Ed è stato approvato all’unanimità.
I primi team della missione Unmeer arriveranno nella regione a fine mese: lo ha annunciato Ban Ki-moon ringraziando i paesi che già hanno fornito aiuti, tra cui l’Italia. Nel corso della riunione del Consiglio Nabarro ha detto che serve una risposta internazionale almeno venti volte maggiore dell’attuale: «E’ essenziale non solo per i paesi colpiti, ma per il mondo intero».
Arturo Zampaglione, la Repubblica 19/9/2014