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 2014  settembre 19 Venerdì calendario

MESSICO

& AMORE –

Frida Kahlo l’artista star, tra Messico e Hollywood. Frida con le sopracciglia ad «ala di gabbiano» e gli occhi neri, come quelli di Salma Hayek che la interpreta nel film biopic di Julie Taymour (2002). Frida e i ritratti che urlano dolore e strazio bestiale, le collane di spine al posto di perle e oro, incorniciata da belve e fiori carnivori... Basta il suo nome a rendere imperdibile una mostra. L’ultima, a Roma, alle Scuderie del Quirinale, ha messo in coda, tra marzo e agosto, oltre 330 mila visitatori. E chissà quanti ne farà adesso che riapre a Genova, identica per quanto riguarda gli apparati Kahlo, ma con l’aggiunta di un consistente corpus di tele e disegni di Diego Rivera, il grande pittore, nonché marito di Frida (si sposarono nel 1929, divorziarono nel 1939 e si risposarono nel 1940). Perché non si può comprendere Lei se non si fanno i conti con Lui, il complice, la parte mancante, l’altra metà della mela.
È questo il fil rouge di «Frida Kahlo. Diego Rivera», la mostra che apre domani a Palazzo Ducale, curata da Helga PrignitzPoda, a cui si devono, oltre a uno strepitoso accrochage dei celebri murales sugli edifici pubblici del Messico, ai ritratti della figlia Ruth e della devota collezionista Natasha Gelman, molto glamour in abito bianco e calle, anche due dei taccuini (inediti) realizzati da Rivera durante il suo grand tour in Italia nel 1920. Con la curatrice collaborano la pronipote di Frida, Cristina, che, col nipote di Diego, Juan Coronel Rivera (figlio di Ruth, nata dal matrimonio di Rivera con Lupe Marin, e del pittore Rafael Coronel Arroyo), ha redatto la parte fotografica. Sono circa 80 scatti di fotografi, amici di Frida e Diego (22 e 43 anni quando si conoscono): Nickolas Muray, Manuel e Lola Alvarez Bravo, Florence Arquin e Leo Matiz. «Non ho conosciuto Frida, che è scomparsa a 47 anni nel 1954, ma da bambina ho abitato nella “Casa Azul” costruita da suo padre Guillermo. La loro era una famiglia di donne “brave” (in spagnolo significa forti, valenti). La bisnonna Cristina era una provocatrice. Teneva un piccolo revolver infilato nella scollatura. Una volta intervenne a difendere Diego, partì un colpo. Frida era allegra, raccontava barzellette. E poi, aveva una maniera speciale di parlare, inventava giochi di parole che mescolavano messicano e caratteri cirillici», racconta Cristina, che è nata nel 1960 da Antonio Pinedo Kahlo, e dunque è pronipote di nonna Cristina, la sorella preferita di Frida, ma anche la causa (nel 1935) di una feroce sbandata di Diego. Frida la prese malissimo, tentò il suicidio. Premonitore del dramma, un dipinto, Il sogno o Autoritratto in sogno, del ‘32: si vede l’effigie di Diego aleggiare sopra Frida che giace addormentata, nuda, sul letto. Dalla sua testa fuoriescono filamenti di pensieri amorosi che avviluppano l’immagine dell’uomo, in un abbraccio d’amore e morte.
Una coppia divisa fra estasi e dolore. Nell’Autoritratto come Tehuana (o Diego nei miei pensieri), del ‘43, gli occhi magnetici, i capelli raccolti con nastri di seta bianca, c’è ancora Diego, disegnato come uno demone osceno, dentro la sua fronte squarciata. Lui la tradiva senza risparmio. Oltre alla sorella, ci furono collezioniste e attrici famose, come la francese Paulette Goddard e la messicana Maria Felix. Frida si vendicava concedendosi a uomini e donne, compresa la bellissima Modotti, la fotografa italiana arrivata in Messico con Edward Weston. Con gli anni i due amanti troveranno una sorta di alleanza. I giorni dell’ira perderanno la loro carica esplosiva, l’amore battagliero diventerà una tenace «amistad» (amicizia).
«Ho sempre dipinto la mia realtà. Non i miei sogni», risponde al padre del Surrealismo André Breton, rimasto tanto colpito dai suoi ritratti (in particolare dal suo autoritratto per Trotzky, il rivoluzionario russo assassinato in Messico nel 1940) da considerarla «una surrealista creatasi con le proprie mani». Ma lei si considerava un’artista senza etichette.
Era nata a Coyoacán il 6 luglio del 1907, ma si era tanto appassionata alle barricate messicane contro la dittatura di Victoriano Huerta, da sostenere di aver visto la luce nel 1910, l’anno della rivoluzione. Figlia di un tedesco, Wilhelm Kahlo, fotografo immigrato in Messico dalla Germania, e di Matilda, meticcia messicana. Due genitori sempre in pena per la loro bambina. Destinata a una vita di sofferenze, culminate nel tremendo incidente che, a 18 anni, aggrava i problemi cronici da spina bifida, scambiata per poliomielite: l’autobus su cui viaggiava col fidanzatino Alejandro Gómez Arias, leader del gruppo di studenti rivoluzionari Los Cachuchas, si scontrò con un tram e un corrimano le trapassò un’anca. I postumi di quell’incidente la obbligheranno a sottoporsi a 30 interventi chirurgici.
Inchiodata a un letto, il corpo bloccato nel busto, Frida comincia a dipingersi riflessa in uno specchio. Fa autoritratti, ex voto, retablo, dove si fondono sensualità, masochismo, disperazione e passione. Uno scenario che si ripete ossessivo in tutti i suoi quadri. La pittura fu la sua terapia.