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 2014  settembre 18 Giovedì calendario

DALLA GERMANIA A BAGHDAD COSÌ AHMET È DIVENTATO KAMIKAZE PER IL CALIFFO

Due mesi fa, il 19 luglio, Ahmet C. si mette al volante di un’utilitaria bianca. Da settimane è ad Abu Dschir, nel sud dell’Iraq. Da mesi si è convertito all’Islam radicale. Lentamente si dirige verso uno dei numerosi check-point della città, attende che il traffico intasi la rotonda davanti al posto di blocco, poi spinge il detonatore. Il bilancio è di 54 morti, anche un pullman intero di bambini che andavano a scuola viene inghiottito dal rogo. In un video di propaganda di Isis che viene diffuso successivamente, la didascalia recita «Abu Al-Kaa’Kaa’ Al-Almani, Dio lo benedica». Al-Almani, «il tedesco», l’attentatore veniva dalla Germania.
Ormai i casi di tedeschi, spesso di origine turca, che partono per la Siria o per l’Iraq per unirsi alle «guerre sante» contro l’Occidente, si sono talmente moltiplicati che il governo è preoccupato. Il ministro degli Interni, Thomas de Maizière, parla di una «nuova dimensione» di un fenomeno che aveva già allarmato Berlino nei mesi scorsi, quando sulle prime pagine dei giornali erano apparse le foto di un fondamentalista originario di Dinslaken, ma ripreso in Siria con una testa mozzata in mano, ed erano cominciate a circolare notizie su centinaia di giovani partiti per il Medio Oriente, irretiti dai predicatori salafiti che fanno proselitismo soprattutto nelle ex zone industriali della Ruhr.
Per de Maizière «è inaccettabile che la Germania esporti terrore in Iraq». Ma secondo informazioni raccolte dai media tedeschi, almeno cinque attentati in Iraq e in Siria sono attribuibili ad «alemani», ad attentatori partiti dalla Germania. Quasi tutti gli attacchi suicidi degli jihadisti tedeschi sono stati commessi in Iraq, a sostegno di Isis, soprattutto nelle zone curde del nord, ma anche a Baghdad e in altre aree del Paese. Secondo i servizi segreti occidentali, gli attentati organizzati da terroristi islamici provenienti più in generale dall’Europa sono quadruplicati dall’inizio di marzo. Secondo il portavoce delle forze armate irachene, Kassem Atta «il numero degli europei sta crescendo, vengono adescati in modo mirato e sono più brutali degli arabi».
A Baghdad la polizia ha arrestato giorni fa un alto funzionario di Isis che ha confessato di aver accompagnato un aspirante kamikaze tedesco nel sud del Paese. Secondo le autorità tedesche, si tratterebbe di un ragazzo di 21 anni partito da Ennepetal, nella Ruhr: Ahmet C, appunto. La famiglia continua a nutrire la speranza che si tratti di un errore, ma il suo profilo Facebook e alcuni video sembrano confermare si tratti di lui. Un filmato lo mostra a Wuppertal, vicino Colonia, mentre distribuisce copie del Corano. Altri video lo mostrano mentre prega, già in Iraq. E due foto comparse in primavera sul suo profilo Facebook sembrano testimoniare la metamorfosi. Un’immagine lo mostra con sigarette e whisky e una data: 2013. In quella successiva si vede un musulmano che prega: la data è 2014. Sono i mesi in cui frequenta assiduamente il famoso predicatore salafita tedesco Peter Vogel.
Solo indizi, ovvio. Poi, all’inizio di luglio, Ahmet sparisce. Ma prima cambia l’immagine del suo profilo, la sostituisce con una foto di Abu Bakr, l’autoproclamato califfo di Baghdad. I magistrati di Dortmund si mettono sulle sue tracce, il padre lo insegue in Turchia e cerca in tutti i modi di trattenerlo dal varcare la frontiera. Inutilmente: poco dopo le tracce del figlio si perdono al confine con la Siria. E qualche giorno più tardi, alla famiglia è arrivata la telefonata dall’Iraq, con la notizia più tragica.
Tonia Mastrobuoni, La Stampa 18/9/2014