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 2014  settembre 19 Venerdì calendario

ENTRO UN ANNO IN FARMACIA LA CANNABIS TERAPEUTICA VIA ALLA PRODUZIONE ITALIANA


ROMA — La parola cannabis evoca fantasmi. È legata agli spinelli, al rischio che costituisca l’anticamera di droghe pesanti. Bisognerà mettere da parte questo pregiudizio e, una volta tanto, pensare positivamente al più antico degli stupefacenti, usato già in epoca neolitica per le sue proprietà miorilassanti, analgesiche e sedative.
Apre nuove prospettive di cura l’accordo firmato dai ministri Beatrice Lorenzin (Salute) e Roberta Pinotti (Difesa) per la prima produzione nazionale di sostanze e preparazioni di origine vegetale. La piantina verrà coltivata nei terreni dell’Istituto militare chimico farmaceutico, a Firenze, per estrarne il principio attivo da trasformare poi in preparazioni galeniche impiegate in pazienti con dolore neuropatico centrale. La terapia sarà gratuita, prescritta dai medici quando gli altri farmaci non funzionano. La stima è di 500-900 mila malati in Italia.
I cannabinoidi hanno avuto il via libera per l’impiego farmaceutico nel 2007. Da allora però non sono entrati realmente nei prontuari regionali, passaggio che avrebbe permesso la distribuzione gratuita. Abruzzo, Marche, Piemonte, Sicilia e Emilia Romagna (pochi giorni fa) hanno deliberato senza tuttavia che fossero attivate, dopo gli annunci, le procedure per rendere disponibile la terapia.
Dopo il via alla produzione nazionale il ministero appronterà entro ottobre un protocollo da far approvare al Consiglio Superiore di Sanità da poco rinnovato, ai vertici due donne, Roberta Siliquini e Eleonora Porcu. Poi la coltivazione nei campi militari. Il principio attivo sarà preparato e distribuito da farmacie territoriali e ospedaliere. Tempi, entro il 2015. Il sistema prevede piena tracciabilità per il controllo del consumo e dei destinatari. Finora la materia prima è stata importata dall’estero a costi più alti.
«L’Italia sarà autosufficiente — dice Lorenzin —. Distinguiamo, però. La droga fa male, un giovane su quattro fuma cannabis, siamo preoccupati. L’uso di sostanze per terapie è ben diverso. Noi ragioniamo in termini sanitari. Altro punto da chiarire. Questo non è assolutamente il primo passo per permettere l’auto-coltivazione da parte dei malati. Sono contraria a provvedimenti naif». Per Annarosa Racca, presidente dell’associazione Federfarma, è una bella novità: «Siamo pronti a lavorare».
Il consumo di oppioidi per la cura del dolore da noi è ancora basso nonostante il progresso di fatturato. I medici prescrivono poco e permane una certa resistenza culturale, alimentata anche dalla politica. Wiliam Raffaeli, presidente della Fondazione Isal per la ricerca sul dolore (il 27 settembre al via le giornate per sensibilizzare i cittadini), non ammaina la bandiera: «C’è ancora molto da fare. C’è ancora molta inappropriatezza nel combattere il dolore cronico. Il 50% delle spese sono per gli antinfiammatori, una minima parte per gli oppiacei, come la morfina». E sulla cannabis aggiunge: «Ben venga. Io la prescrivo, ma le famiglie se la sono pagata da sé. È un farmaco di cui bisogna sfruttare le potenzialità anche se non esistono prove schiaccianti per la sua efficacia. Molti malati ne traggono benefici ed è questo che conta».