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 2014  settembre 19 Venerdì calendario

DONNE MANAGER

Mentre l’Italia si lambicca con le quote rosa nei cda, o con le presidenti di nomina renziana, altre donne manager si fanno largo e reggono i destini di grandi multinazionali. La rivista Fortune ha stilato la consueta classifica delle 10 più potenti negli affari di Europa, Medio Oriente e Africa. Ben tre sono britanniche, una sola italiana (in azienda pure britannica, e residenza monegasca). Al vertice è balzata Ana Botin, che con la scomparsa del padre ne ha preso il posto come presidente e azionista del Banco Santander. La tallonano tre britanniche: 2° Alison Cooper ad di Imperial Tobacco, 5° Carolyn McCall ad di Easyjet, 6° Moya Greene, ad di Royal Mail. Ottava Ornella Barra, italiana per nascita (di Chiavari), britannica per formazione. Barra guida distribuzione e vendite al dettaglio della catena di farmacie Alliance Boots, leader globale che dall’anno prossimo sarà ancora più forte per la fusione con l’americana Walgreens. Del polo nascente Barra – con il socio d’affari e di vita Stefano Pessina–- avrà il 20%. Completano la decina la presidente-azionista turca della holding Sabanci, la banchiera svedese di Seb, l’ad della telefonica Belgacom, la francese ad di Arthemis (holding dei Pinault), l’ad di Barclays in Sudafrica. La classifica divide. Tra addetti e addette ai lavori c’è chi vede il bicchiere mezzo pieno e nota la tanta strada fatta nella corporate governance italiana, anche nel rappresentare i generi, e chi ricorda come non ci siano ancora manager italiane di grandi società. Nel 2001, quando Barra - iniziamo a smettere il “la” - entrò nel cda del gruppo che oggi è Alliance Boots, c’erano quattro donne nei 100 board del paniere Ftse 100. Una partenza lenta come in Italia, ma oggi siamo sotto, e molto. La strada da fare riguarda il tasso di lavoro femminile, in Italia ai minimi europei, un welfare più amico della donna, culture aziendali più inclini a promuovere le dipendenti.
Intanto tra pochi giorni Elisabetta Magistretti, diventa vice presidente di Mediobanca. E l’ex capo dei controlli di Unicredit non è lì per fare quota.