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 2014  settembre 19 Venerdì calendario

MA OGGI NESSUNO VUOLE RIVIVERE GUERRE GIUDIZIARIE

Come in un brutto film di fantascienza, l’Italia sembra condannata a rivivere sempre gli stessi incubi. Può darsi che sia solo una coincidenza l’avviso di garanzia al padre di Renzi, ma se lo è si tratta di un caso straordinario, visto che il presidente del Consiglio sta favorendo una riforma della giustizia in senso “garantista”.
Senza contare, particolare non trascurabile, che hanno appena suscitato un vespaio le sue dichiarazioni contro le ferie eccessive di cui godono i magistrati, altro aspetto che dovrebbe rientrare nell’impegno riformatore. Ieri sera nella Roma politica tutti si domandavano, magari a mezza bocca, se non ci sia un filo sottile che congiunge fra loro questi punti. Interrogativo malizioso ma inevitabile, magari solo per cancellare dalla mente il sospetto.
L’avviso di garanzia al signor Tiziano Renzi riguarda in ogni caso un reato tutt’altro che trascurabile: la bancarotta fraudolenta. Si riferisce a una società ceduta nel 2010 dal padre del premier a terze persone e fallita nel 2013. Sul piano economico le cifre sembrano modeste, ma le indagini a Genova sono ancora in corso.
Sta di fatto che è abbastanza legittimo chiedersi se questa inchiesta si sarebbe svolta con le stesse modalità e con analoghe conclusioni se Renzi junior non fosse il presidente del Consiglio. Un premier che vuol porre mano al "tabù" per eccellenza – l’intoccabilità della magistratura – si espone a qualche rischio. E lo stesso vale per il Partito Democratico, ormai il partito di Renzi, che incorre in guai giudiziari con una frequenza sconosciuta in passato: come si è visto a Bologna.
Naturalmente c’è anche chi, come il vicepresidente del Senato Gasparri, rovescia i termini della questione e arriva a sostenere che Renzi è diventato garantista perché toccato in prima persona. Ma ovviamente si tratta di una piccola provocazione. La realtà è che la riforma della giustizia è un passaggio troppo importante, in questo momento della vita del Paese, per pensare che qualcuno voglia annacquarla truccando le carte. Quindi c’è solo da rispettare il lavoro dei magistrati genovesi e attendere l’esito finale dell’inchiesta. Come ha fatto Renzi senior con una presa di posizione molto calibrata e attenta a non mancare di riguardo agli inquirenti.
Va detto che il mondo politico nel suo complesso ha reagito con prudenza alla notizia, evitando di strumentalizzare un episodio di cui non si conosce l’esatto profilo. Nell’ovvio silenzio del premier, amici e nemici sembrano concordare su un punto: non conviene a nessuno indebolire il presidente del Consiglio per via giudiziaria. Che Renzi sia o no il «figlio di Berlusconi», come ha scritto Giuliano Ferrara e non solo lui, c’è in giro poca voglia di replicare la trama del ventennio appena trascorso e di affidare di nuovo alla magistratura la supplenza della politica.
Del resto lo scenario è cambiato. Oggi il premier e il suo ministro della Giustizia sono espressione del centrosinistra ed entrambi sono impegnati in una riforma che qualche tempo fa, con Berlusconi a Palazzo Chigi, non sarebbe stata proponibile. Le reazioni polemiche di una certa parte della magistratura sono da mettere nel conto, ma sarebbe un grave indizio di imbarbarimento se gli avvisi di garanzia servissero come fuoco di sbarramento.
Ecco perché la strada migliore è quella imboccata dal signor Tiziano Renzi che si augura un processo rapido e chiarificatore. Al tempo stesso i toni abbastanza cauti della Roma politica dimostrano che forse non è più tempo di gogne mediatiche e nemmeno di condanne sull’onda di un avviso di garanzia.