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 2014  settembre 18 Giovedì calendario

ALBERTO ARBASINO


Ho sempre amato viaggiare e per molto tempo, durante i week-end, volavo da una città all’altra per assistere alla prima di un’opera, di un concerto o di una pièce teatrale.
A Roma, alle Terme di Caracalla, allestiscono opere di repertorio, ma non sono interessato alla replica di uno spettacolo già noto. Così trascorro week-end tranquilli, che passo leggendo e incontrando gli amici. Abito da molti anni vicino a Piazza del Popolo e il sabato mattina mi piace fare quattro passi: da Porta Pinciana, scendo a piedi attraverso Villa Borghese, fino a Piazzale Flaminio. Compro i giornali alla Feltrinelli in Piazza Colonna (fino all’anno scorso, prima che la chiudessero, passavo sempre dalla Feltrinelli di via del Babuino, che era molto amata dal mio amico Gian Giacomo) e poi ritorno a Piazza del Popolo.
Scelgo il Canova oppure il Rosati, due caffè che da anni fanno parte della vita culturale romana. Dopo La Dolce Vita, il film che ha reso famosa in tutto il mondo Via Veneto, il nostro gruppo aveva preferito lasciare quella strada troppo affollata dai turisti e spostarsi in Piazza del Popolo. Spesso sceglievamo le salette del Canova, che allora avevano un aspetto un po’ rétro, ma i quadri alle pareti erano una meraviglia. E poi lì sopra c’era La Tartaruga, la Galleria di Plinio De Martiis, che era diventato un ritrovo di artisti, letterati, collezionisti e gente del cinema. Andavamo anche al Rosati, dove torno sempre molto volentieri: l’hanno frequentato Mario Schifano, Franco Angeli, Tano Festa. Il Rosati confina con Il Bolognese dove, all’ora di colazione, mi sposto per un pranzo leggero, ma sempre eccellente.
Anche Il Bolognese è un locale storico. Ho tanti ricordi di cene con Elsa Morante, Renato e Mimise Guttuso, Pier Paolo Pasolini (ne parlo nel mio ultimo libro; Ritratti italiani, Adelphi). Come per i locali, anche per l’abbigliamento amo la tradizione: vado da Battistoni in via Condotti, il negozio dove acquisto le camicie e Moravia prendeva le sue cravatte di impeccabile eleganza. Poi, la sera del sabato esco con gli amici. Tra i tanti ristoranti romani tre sono i miei preferiti: a pochi passi da Piazza Navona, I Due Ladroni, ottimo per il pesce. Il Matriciano di via dei Gracchi per la cucina romana, e Nino, in via Borgognona, con squisite specialità toscane. Sono locali celebri che nel tempo hanno mantenuto una grande qualità e mi piace ritornarci.
La domenica è dedicata al riposo e alla lettura, ma a volte mi spingo fino all’Hotel de Russie: bello, elegante e vicino a casa. Un posto piacevolissimo a qualsiasi ora del giorno. Se lascio Roma per il weekend, mi piace andare al Festival dei Due Mondi di Spoleto. Vado spesso a Parigi, all’Opera o all’Opera Bastille, un teatro che adoro per i suoi ambienti ampi e per le sue comodissime poltrone. A Londra ricordo una serata indimenticabile con Fulco Santostefano di Verdura, alla prima del Marat-Sade di Peter Brook. In perfetta sintonia con lo spettacolo, si presentò con un completo di cuoio nero e finimmo la serata al Connaught, suscitando un certo scandalo. Fulco era un gentiluomo siciliano geniale che, annoiato dall’immobilismo di Palermo, viveva tra Parigi, New York e Londra. Disegnava splendidi gioielli ancora oggi ricercatissimi, non si contano le star di Hollywood che li acquistano nel negozio su Fifth Avenue. In ogni città che frequento ho i miei alberghi e negozi dove amo tornare. A Parigi scendo sempre al Pont-Royal e ceno alla Brasserie Lipp dove sono un cliente affezionato e mi riservano un buon tavolo. Da Saint-Germain, mi piace passeggiare per le vie del Quartiere Latino che ogni volta riserva qualche sorpresa. Tra i miei negozi preferiti c’è Charvet, in place Vendôme, dove acquisto anche regali per gli amici. È lì che, per i settant’anni di Moravia, ho scelto sette foularini che ha molto apprezzato. Lui mi ha detto ridendo: “A Roma si chiamano strangolino”.
Testo raccolto da Anna Folli