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 2014  settembre 17 Mercoledì calendario

FUNARI FA LITIGARE ANCHE DA MORTO


BOSSANO (SAVONA). La figlia, Carlotta Funari, piange lacrime di indignazione: «Ma come? Io regalo una lapide commemorativa al Comune e il sindaco mi dice che in piazza non la vuole»? Il sindaco di Boissano, Rita Olivari, freme sdegno istituzionale: «Gianfranco Funari raffigurato in tenuta da Superman con la dedica solenne, il popolo italiano pose? Se proprio devono, vadano al cimitero»! L’artista che ha scolpito la lapide, Pep Marchegiani: «Al cimitero perché è una lapide? E il Davide di Michelangelo, allora, dovrebbe andare al pornoshop»?
Boissano, 2500 abitanti, prima-collina ligure alle spalle di Toirano e Loano. Gianfranco Funari veniva a svernare qui, la sua casa delle vacanze è ancora in vendita perché la figlia e la vedova non si mettono d’accordo sul prezzo, a lui sarebbe piaciuta tanto una polemica così: con la lacrima, l’invettiva, il cattivo gusto. Ed è un peccato che non siano ancora giunte le telecamere della tv spazzatura, a rendere omaggio al suo inventore, perché questo era il paradigma della genialità di Funari: lo sdegno che si alimenta di rancore e diventa spettacolo trash, il presentatore che per primo dà la parola al pubblico purché sia rigorosamente incompetente e dunque possa rifugiarsi nell’insulto, nel dileggio, persino nel turpiloquio di fronte alle argomentazioni che non condivide o non capisce.
Solo lui, il sor Gianfranco, avrebbe potuto perorare la causa della lapide profana a pochi metri dal monumento che Boissano dedica ai suoi Caduti, sette nella prima e due nella seconda guerra mondiale: un tenente, un tenente medico, un caporal maggiore, un caporale, tre soldati semplici e due partigiani. Lui stesso aveva vergato in vita il proprio epitaffio. Ho smesso di fumare, dissacrando la morte come aveva fatto con la vita, «mi sono preso tutti i piaceri, non ho rinunciato a niente e se adesso vado nell’Aldilà, e mi danno l’ergastolo, non ho nulla da obiettare».
L’epitaffio campeggia anche sulla lapide della discordia e la riflessione che avrebbe dovuto introdurla vale un testamento magnifico, bisogna ammetterlo, ma è come la casa delle vacanze, arabeggiante, in vendita da sei anni: a Boissano non tutti sanno apprezzare. Così, se le grandi famiglie degli agricoltori come i Cavo, i Berruti e i Gandolfo vedrebbero volentieri il nome del paese legato a quello dello scomparso anche nella toponomastica, Boissano Funari come Sasso Marconi o Castagneto Carducci, lo scetticismo recluta la maggior parte dei residenti. Edoardo Paparella, 24 anni, barista dell’unico caffè della piazza: «A me l’idea non piace. E poi vorrei sapere quanti conoscono Funari tra i più giovani».
Ahi, ahi: la nudità del re? Molto più famoso, in effetti, Vittorio Brumotti di Striscia la Notizia, lui sì celebrità autoctona di Boissano. Il sindaco: «La famiglia avrebbe potuto decidere un lascito, magari la lapide un giorno gliel’avremmo fatta noi. Ma così? E poi chi autorizza la figlia a dire che Spopolo italiano pose»? La figlia: «Il sindaco non mi ha mai voluto ascoltare seriamente! Ha tirato fuori delle scuse, che deve essere il presidente della Repubblica a decidere...». Pep Marchegiani: «Eh, no! La scritta il popolo italiano pose è un elemento costitutivo dell’opera. Il sindaco sia più rispettoso verso l’arte! E anche verso Funari».
Sul perché del costume da Superman lo scultore è, si potrebbe ironizzare, lapidario: «Era un difensore dei deboli. Un eroe popolare, uno che accorreva quando c’era da vendicare un sopruso o da denunciare un’angheria».
Verissimo. E poco importava che i suoi programmi cominciassero tra urla di sdegno per finire tra grida da imbonitori: «Réclame!», strillava invariabilmente dopo la tirata strappalacrime, e giù a inghiottire cubetti di mortadella, «bbona!», schegge di parmigiano, «bbono!», facendo capire al mondo, per primo, che anche l’indignazione poteva avere un indotto.
Il Comune di Boissano non vuole la lapide ed è suo diritto rifiutarla, ma non se ne devono dolere più di tanto la figlia Carlotta e lo scultore, il comunque bravissimo artista Pep Marcheggiani. La commemorazione è già in atto in questi giorni, con una polemica tutto sommato futile che segue di pochi giorni la polentata di fine estate, tra le ultime attività della pro loco che ha gli uffici proprio sulla piazza e il profumo di salamelle che ancora ristagna fra le palme e le araucarie: Funariland!
Il sindaco: «Basta con questa storia. Non potete scrivere che a Boissano c’è un impianto sportivo con i fiocchi, frequentato da decine di ragazzi anche dei comuni limitrofi, e l’anno prossimo ci sarà una manifestazione internazionale»? Fatto, anche da defunto Funari riesce a reclamizzare qualcosa e nel caso il suo paese d’adozione. Una lapide magari no, è troppo, ma come direbbe lui «ce vo’ l’applauso» per l’ultimo spot.

crecchi@ilsecoloxix.it