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 2014  settembre 18 Giovedì calendario

VOGLIO STARE SUL TETTO DEL MONDO


La sveglia suona alle sette e un quarto tutte le mattine, nella «villa di città», come ama chiamarla, di via Borgonuovo a Milano, con il roof garden tanto ammirato da George Clooney e la vista sui parchi privati dei palazzi della borghesia, al riparo ma a due passi dai templi del lusso di via Monte Napoleone. Per Giorgio Armani è stata «la prima delle case della maturità» e agli amici racconta come, nonostante ci viva da ben 32 anni, ancora si meravigli per ciò che vede dalle ampie finestre: «Gli alberi sono una sorpresa quotidiana».
Ogni mattina, appena alzato, “King” George, come lo ha battezzato la rivista Time dedicandogli la copertina nel 1982, si allena per un’ora, con il personal trainer, nell’attrezzatissima palestra dell’appartamento, prima di una colazione a base di frutta, miele, tè e fette biscottate: «L’esercizio quotidiano mi stimola e mi dà la giusta energia per affrontare bene la giornata», dice lo stilista, che nel 2015, in concomitanza con l’Expo di Milano, celebrerà i 40 anni di attività in grande stile, dopo avere invece festeggiato gli 80 con totale understatement. «Spero che Expo 2015 sia pronta per ricevere milioni di visitatori e che sia un successo», dice. Anche per questo, durante le sfilate di giugno, l’uomo che ha ridisegnato la giacca maschile e quella da donna, creato dal nulla la tonalità greige e segmentato le sue collezioni dal top di gamma al fast fashion fin dagli anni Novanta, ha annunciato il lancio del progetto Silos: in uno spazio ex Nestlé adiacente all’Armani Teatro saranno ospitati l’archivio-museo e «un centro di cultura viva, di arte, aperto agli studiosi. Sarà la mia Tate Gallery tutta bianca», ha rivendicato, ribadendo il proprio «orgoglio italiano». Dopo avere indossato una delle celeberrime T-shirt (in negozio, 240 euro), «ne ho in almeno 15 sfumature di blu, colore che amo», afferma, lo stilista-imprenditore trascorre gran parte della giornata nel quartier generale dell’azienda o visitando a sorpresa i suoi tre negozi in città, cui si aggiunge il concept store Armani/ Manzoni 31, nel bel palazzo razionalista dove insieme ai partner di Emaar Properties ha realizzato il sogno di un hotel con vista sulle guglie del Duomo (costo delle suite: da 900 euro a notte, a 6.500 euro, per la Presidential), il secondo dopo quello nel Burj Khalifa, il grattacielo più alto del mondo. A sorpresa, all’inaugurazione di Dubai, si è piazzato alla consolle mixando musica dance per i signori in abito tradizionale bianco, copricapo e scarpe di coccodrillo, che sgambettavano in pista con signore ornate di svariate decine di carati di diamanti.
Quando è in mezzo alla gente, per strada, Armani si muove tranquillo, concedendosi alle richieste di selfie dei passanti e dei turisti di tutto il mondo, ma controllando con occhio di lince le sue vetrine e quelle dei concorrenti. «Lo ammetto: sono maniacale, perché il dettaglio non è qualcosa che può esserci o non esserci, non è ininfluente. Ogni progetto è fatto di dettagli e sono quelli che fanno la differenza. È così nella mia vita personale e in quella professionale, così strettamente intrecciate che si riflettono l’una nell’altra, con le mie passioni, i miei gusti, le mie manie. È il lifestyle Armani, che è un pensiero, un atteggiamento. È la mia visione estetica, la mia idea di comfort. In uno slogan, un paesaggio di interni». La casa di via Borgonuovo rispecchia questi codici: i colori sono neutri, ma «silenziosi e sofisticati, e sottolineano gli spazi». Il salone è punteggiato da una collezione di statue raffiguranti tigri e coccodrilli, elefanti e rinoceronti in marmo, bronzo, rame, cristallo, legno e ceramica. I libri antichi li acquista da L’Écume des Pages a Parigi, in boulevard Saint-Germain, a due passi dal suo appartamento, e sopra l’Emporio Armani Caffè, dove cena quasi sempre, perché nel menu ci sono i piatti che gli prepara il suo cuoco di Milano: spaghetti alla Bisanzio, con pomodori e basilico fresco, e risotto alla Milanese, pesce alla griglia e verdure di stagione (menu pranzo da Armani Caffè: 38 euro, cena 70-90 euro). L’altro locale che frequenta è il vicino, e storico, Café de Flore.
«All’inizio», racconta, «le mie case erano radicalmente spoglie, austere, poi ho incominciato a inserire oggetti trovati nei mercati di tutto il mondo, qualche raro pezzo di antiquariato, come il dipinto dell’Ottocento di fianco al tavolo da pranzo che arriva da un cinema di Piacenza, la mia città natale, oltre a cuscini e oggetti che danno un tocco di rosso e di azzurro-verde. Un cambiamento totale che si è riflesso anche nella mia collezione Armani/Casa, con ulteriore cura per l’originalità e il pregio della manifattura». Come dimostrano le fodere dei cuscini Heat (125 euro, nella pagina accanto), i vasi Halcon (900 euro), i paraventi con carta da parati (12.500 euro). «Del resto, la casa è il nostro rifugio, un luogo privilegiato dei sentimenti e delle relazioni: più l’atmosfera è calda, meglio mi sento nei momenti che condivido con i miei collaboratori più stretti, con amiche e amici, con i familiari, magari con qualche celebrity che però deve essere realmente in confidenza con me». Sui nomi vige il top secret più stretto, anche se è noto che fra gli intimi ci sono pezzi da novanta come Sophia Loren e Martin Scorsese, Paolo Sorrentino e Cate Blanchett. È con una ristretta cerchia di persone che trascorre le vacanze estive sul nuovo yacht di 65 metri, costruito da Codecasa, i cantieri di Viareggio fondati nel 1825, nel “triangolo” tra Eolie, St. Tropez e Formentera, dove finisce paparazzato sulle spiagge pubbliche mentre, come gran parte dei bagnanti, acquista braccialettini colorati dai venditori. E con gli stessi amici si trasferisce nei weekend d’inverno nella casa di Sankt Moritz, la passione del momento: un rustico del XVII secolo con annesso fienile, che ha ristrutturato, aggiungendo un camino in ogni stanza, e puntando su vetrate a doppia altezza, dalle quali ammirare le cime innevate dell’Alta Engadina: «È ispirata alla casa di montagna giapponese, con linee nitide, una bella geometria delle forme, superfici e materiali rari e fuori dalle convenzioni», racconta. Qualcosa di speciale, insomma, come il viaggio dei sogni, che non è ancora riuscito a fare, tra Tibet e Mongolia, dove perdersi «in paesaggi immensi e cieli sconfinati».
Chi lo conosce bene sostiene che lo stilista dedichi ormai un tempo significativo della sua giornata ad Armani/Casa. «La moda», racconta, «è la mia passione e il mio impegno costante: mi verrebbe da dire la mia vita, perché l’ha accompagnata e seguita da sempre. Ma ammetto che la casa è stata un colpo di fulmine, che si è trasformato in un amore più ragionato, riflessivo, ma che ancora mi sorprende, mi stimola e mi diverte. Il principio ispiratore non cambia perché è l’espressione del mio gusto, ma nell’arredamento deve confrontarsi con la durata nel tempo, anche se inserisco novità continue, che hanno suscitato non poca sorpresa». Del resto, poltrona o giacca, abito o lampada, uno stile che oltrepassi i limiti delle stagioni è nel Dna dello stilista che, nel backstage delle sfilate maschili di giugno, ha ricordato come i suoi codici estetici disegnino «un uomo normale, che non stravolge la propria immagine, grazie a collezioni che è possibile indossare nel tempo». Vale per lo sportswear, così come per la collezione Privé, la haute couture che si è concesso come regalo dal 2005 con le due sfilate parigine di gennaio e luglio. L’ultima è ispirata al rosso, al bianco e al nero di una scatola di lacca, simile ai Bento box in cui sono servite le specialità giapponesi del suo ristorante Nobu, inaugurato nell’ottobre 2000, dove gli chef asiatici tagliano con certosina cura i pesci più pregiati (costo di una cena 80-100 euro, circa).
Una forma di artigianato applicato al cooking che appassiona lo stilista, esattamente come accade per la collezione Armani/Casa: «La collaborazione con gli artigiani è davvero entusiasmante grazie a competenze, abilità e tradizioni che riescono a esprimere. Straordinario è stato imparare da questi specialisti la pazienza e il rispetto del tempo: gli artigiani tibetani che tessono e annodano a mano ogni singolo filo dei tappeti della collezione, realizzandone in media sette centimetri al giorno, uniscono la loro arte tradizionale ai miei disegni contemporanei e così fanno evolvere anche il processo produttivo, affiancando ai materiali tradizionali quelli atipici come seta di bambù, ortica e canapa». Dal 2003 è stato creato l’Interior design studio Armani/ Casa, che lavora con privati e property developers nella progettazione di case e, soprattutto, di interi palazzi. Dopo le Maçka Residences di Istanbul e The World Towers di Mumbai, ora tocca alla Century Spire di Manila, progettata da Daniel Libeskind, e alle Residences di Miami, disegnate da César Pelli. «Intervenire su un appartamento o su un intero building è un’opera enorme, complessa, che richiede professionalità diverse, una visione di insieme coerente con quella del dettaglio, una competenza tecnica che occorre conoscere a fondo per superare ogni ostacolo. Ma ammetto che, dopo qualche anno di lavoro, l’esperienza premia anche nell’interior design».
Le abitudini casalinghe vengono stravolte soltanto durante le partite di basket, quando si mangia su un vassoio o su un tavolino davanti alla tv, con i gatti Angel e Mairì che si aggirano gentilmente tra le gambe. Prima dell’estate, dopo ben 18 anni di astinenza, la sua EA7 Olimpia Milano ha vinto lo scudetto alla settima gara contro l’altra finalista, Siena. «Red shoes are back», c’era scritto sulla T-shirt, ovviamente rossa, indossata dallo stilista in mezzo alla squadra e ai tifosi in delirio al termine del match. «Ora spero in un bel piazzamento in Eurolega e in un altro scudetto in Italia. Sogno una sera come quella del 27 giugno, quando il Forum di Assago è sembrato impazzire di gioia». Nella lunghissima attesa della vittoria, a dieci anni dal suo ingresso come azionista per salvare una delle squadre più titolate d’Europa, forse King George ha imparato la complessa arte della pazienza. «Ma in realtà», conclude, «tutti i giorni imparo qualcosa: è questo che rende la vita degna e interessante».