Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2014  settembre 18 Giovedì calendario

PECHINO DÀ LIQUIDITÀ ALLE GRANDI BANCHE

La Banca centrale cinese torna a fornire liquidità al sistema creditizio, con 81 miliardi di dollari ai cinque maggiori istituti del Paese. L’offerta rimarrà disponibile per tre mesi, ma potrebbe anche essere rinnovata. L’intervento, realizzato attraverso la «standing lending facility» lanciata nel 2013, avrebbe un effetto sull’offerta di moneta equivalente a un taglio di 50 punti base della riserva obbligatoria, la liquidità che gli istituti di credito devono tenere depositata sui conti della Banca centrale.
Molti analisti hanno interpretato la mossa come una risposta al rallentamento dell’economia, che rischia di non centrare il target di crescita del 7,5% fissato dal Governo. Un’eventualità finora ritenuta impensabile, ma resa sempre meno improbabile dai dati economici che si susseguono mese dopo mese. Ad agosto, per esempio, la crescita della produzione industriale si è fermata al 6,9%: le fabbriche cinesi non tenevano un passo così lento dalla crisi finanziaria globale.
E tuttavia Pechino non sembra aver apertamente scelto di percorrere di nuovo la strada del sostegno pubblico dell’economia. Almeno non ancora. Appena qualche giorno fa, il premier Li Keqiang ha dichiarato di non essere preoccupato da fluttuazioni contenute della crescita, aggiungendo che il Governo non può contare sulle politiche monetari per sostenere la crescita. Del resto il mercato del lavoro è ancora in buone condizioni di salute e fino a quando la disoccupazione, lo spettro che davvero spaventa il regime, non comincerà a salire, non sarà forte la spinta per una significativa manovra espansiva.
Nemmeno in Cina, poi, l’allentamento monetario si traduce direttamente in crescita economica, perché più che di un credit crunch, il Paese sembra soffrire di una bassa domanda di prestiti da parte di imprese che non investono perché il proprio giro d’affari non aumenta. Nonostante gli sforzi della banca centrale, l’espansione del credito sta infatti rallentando. A luglio e agosto, i nuovi prestiti concessi da banche e istituzioni finanziarie erano la metà di un anno prima.
Ma soprattutto, sia la Banca centrale che l’authority del credito hanno rifiutato di confermare l’iniezione da 81 miliardi, a sottolineare come il regime non intenda inviare al mercato un forte segnale di allentamento. E lasciando sul campo l’ipotesi che la banca centrale possa essere intervenuta per tamponare una qualche situazione d’emergenza, sulla quale però potrebbe non avere interesse ad accendere i riflettori. La notizia dell’intervento è trapelata attraverso analisti e operatori di mercato che hanno riferito di esserne stati messi al corrente dai funzionari della banca centrale.
L’iniezione potrebbe insomma rispondere ad esigenze tecniche di diversa natura e arriva alla vigilia della fine del trimestre e delle festività nazionali che iniziano il 1° ottobre, fasi che generalmente coincidono con una maggior domanda di liquidità.
Il canale utilizzato dalla banca centrale, la standing lending facility, è uno strumento per stabilizzare il credito fornendo fondi a banche che non hanno un’adeguata base di depositi per sostenere la domanda di prestiti. Secondo Richard Xu, di Morgan Stanley, «lo scopo è stabilizzare il credito e assicurare la crescita di M2, piuttosto che dare un segnale di ulteriore espansione». Sebbene gli effetti siano paragonabili da un punto di vista tecnico, un taglio della riserva obbligatoria avrebbe dato un segnale diverso e netto.
Negli ultimi mesi, le autorità sono già intervenute proprio attraverso tagli delle riserve obbligatorie per le banche nelle aree rurali, allentamento dei paletti sulle compravendite immobiliari e faciltazioni dei finanziamenti per costruttori e piccole e medie imprese.
Come sottolinea Qiao Liu, dell’Università di Pechino, le autorità sono prese tra due esigenze contraddittorie: «Da un lato vogliono sostenere la crescita economica e hanno bisogno di una politica monetaria accomodante, dall’altro vogliono riequilibrare il sistema economico attraverso una correzione strutturale del suo assetto».
Gianluca Di Donfrancesco, Il Sole 24 Ore 18/9/2014