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 2014  settembre 18 Giovedì calendario

TENTAZIONI E RETROMARCE LE ALLEANZE ARLECCHINO DELLE «NUOVE» PROVINCE


MILANO — È la prima volta di un’elezione di secondo livello e, per usare un eufemismo, c’è un po’ di confusione. Di sicuro sindaci e consiglieri comunali voteranno tra il 28 settembre e il 12 ottobre per eleggere i presidenti e i consigli di 64 Province e 8 città metropolitane. Di sicuro ci sarà un risparmio rispetto alla situazione precedente: si passe- rà da 2.500 eletti a 986 e «senza indennità», aspetto su cui il presidente del Consiglio ha particolarmente insistito. Le certezze finiscono qui e si entra nel campo della politica. Rispetto a quando per le Province votavano i cittadini (e i partiti si dividevano in schieramenti differenziando le proposte), ora che i cittadini non vota- no più la propensione a mettersi d’accordo prima, anche tra partiti di opposti schieramenti, è cresciuta. Da Varese a Taranto, da Brescia a Torino a Vibo Valentia, Pd e Forza Italia ci hanno pensato: in alcuni casi la lista unica tra diversi si farà, in altri — per le polemiche degli esclusi o per un intervento dall’alto — è stata fatta marcia indietro. Ma comunque la spinta c’è stata. È un fatto tecnico o politico? Una legge totalmente nuova, pochi posti a disposizione rispetto a prima — da 10 a 16 per ogni consiglio provinciale — il sistema proporzionale con voto ponderato (il voto di ogni singolo amministratore viene «pesato» in base alla grandezza del proprio Comune) sono tutti fat- tori che possono aver spinto i partiti a cercare di capire — insieme — come fare per essere tutti presenti nel nuovo organismo. In alcuni casi dalla comprensione si è passati alla tentazione: fare un’unica lista, decidendo prima chi farà il presidente, chi il vice, quanti posti assegnare a un partito e quanti a un altro. Per i consigli di Taranto e Brin- disi, per esempio, pare che l’accordo tra Pd e Forza Italia fosse già chiuso, con precisa spartizione. Quando il tema è entrato nella campagna per le primarie regionali del centrosinistra, l’ex sindaco di Bari Emiliano, che è candidato governatore oltre che segretario regionale pd, ha cancellato l’intesa. Altrove invece le liste uniche si faranno: a Vibo Valentia (Pd renziano insieme a Forza Italia, Ncd e Fratelli d’Italia), a Parma (tutti insieme, compresi i Cinquestelle, prima che il sindaco Federico Pizzarotti decidesse la marcia indietro), a Torino per la città metropolitana ma— dicono Pd e FI— si tratta di «un’alleanza limitata per scrivere le regole». Per Alessandro Campi, politologo dell’università di Perugia, un fatto politico c’è: «I partiti — dice — sul territorio sono ormai disarticolati, esistono solo i gruppi di potere: sono questi che giocano la partita». E agg i u n g e : « C ’ è u n a s i n g o l a r e asimmetria. I partiti sono diventati monarchici e anarchici insieme: monarchici a Roma, dove comanda uno solo — che sia Renzi, Berlusconi o Grillo — e anarchici sul territorio dove ognuno va per conto suo». Il caso di scuola, secondo Campi, è l’Emilia Romagna: «Nel vecchio sistema sarebbe stato impensabile che si sfidassero due appartenenti alla stessa corrente (in questo caso i renziani, ndr): ormai le rivalità sono personali più che politiche».
Le prossime Provinciali — sostiene Gianfranco Pasquino per molti anni professore di Scienza politica a Bologna — sono interessanti perché anticipano quello che potrebbe accadere con il nuovo Senato (anche questo non più elettivo): «A differenza del Senato tedesco dove chi vince in una regione esprime tutti i senatori assegnati a quel territorio, da noi la rappresentanza sarà proporzionale, lasciando spazio in ogni regione ad accordi e contentini». Sul voto imminente circolano poche informazioni. «È come se i cittadini fossero stati estromessi due volte — sostiene Paolo Natale, che insegna Metodologia della ricerca sociale a Milano — : non votano più e la complicazione del nuovo sistema scoraggia chiunque a interessarsi. La materia è ormai solo nelle mani della classe politica».
Secondo Natale ci sono anche aspetti positivi: «È come se il messaggio della nuova legge fosse questo: sui temi di competenza delle Province non c’è più bisogno di conflitto politico e schieramenti contrapposti, ma solo di efficiente amministrazione. Questa interpretazione però — conclude — vale solo se le nuove Province faranno davvero meglio delle precedenti».