Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2014  settembre 18 Giovedì calendario

L’ACCUSA DI ESSERE UNO JETTATORE ROVINA IL CONSULENTE DEL BASKET


«Se ne vada, menagramo d’un menagramo». L’esclamazione del Duca Conte Semenzara, che accusa l’incolpevole ragionier Fantozzi Ugo di averlo fatto perdere al casinò con la sua sola presenza, resta una frase cult della cinematografia italiana, ma da oggi rischia anche di fare giurisprudenza. Perché il destinatario della citazione, comparsa su un sito gestito da un tifoso dell’Olimpia Pallacanestro Milano, se l’è presa non poco. E ha citato per danni il tifoso cinefilo.
Si chiama Giampiero Hruby, conosciuto nel mondo del basket per aver fatto l’allenatore (è stato assistente scudettato di Sergio Scariolo, ha vinto un campionato di serie A2 con l’Aurora Desio) e per essere diventato, col tempo, procuratore prima e consulente tecnico poi, ruolo che gli ha attirato invidie e maldicenze. Messe nero su bianco da tale Matteo Refini, che sul blog «Io e l’Olimpia» l’ha accusato — usando le parole del «Secondo tragico Fantozzi» — di essere un «menagramo». Di portare sfiga, insomma.
I legali di Hruby hanno quantificato in 145 mila euro la richiesta di danni, patrimoniali e non patrimoniali, sostenendo che quel «menagramo» ha causato «sofferenza e imbarazzo», nonché la rottura di contratti importanti con l’EA7 Olimpia Milano e con Dan Peterson, l’allenatore-commentatore-presentatore dall’italiano alla Don Lurio e la capacità di trasformare in oro qualsiasi cosa tocchi.
Hruby, a sostegno della propria tesi, nel processo che comincerà il 23 settembre presenterà due documenti: una lettera dell’allora presidente dell’EA7, Livio Proli, che lo spostava ad altro incarico «con minore visibilità perché, pur non condividendo un solo rigo di quanto pubblicato, il prestigio del gruppo non può prescindere da ciò che in concreto, colpevolmente o meno, viene recepito da appassionati, addetti ai lavori e semplici tifosi», di fatto una diminuzione di mansioni, e un’email di Peterson che si diceva «molto preoccupato per la mia immagine e la mia carriera a causa del dispregio della tua reputazione (iattura, malocchio, ecc.)». Gli avvocati di Refini replicano sottolineando la sorprendente tempestività di queste lettere. Sottinteso: si tratta di documenti prodotti ad arte (e concordati) per sostenere la tesi di Hruby.
Sarà naturalmente il giudice a decidere chi ha ragione, resta il fatto che, comunque vada, non sarà una sentenza a stabilire se Hruby porti sfortuna o meno. Di superstiziosi purtroppo è pieno il mondo, e se il gatto nero se ne frega di portarsi dietro una fama immeritata, un uomo di sport rischia davvero di veder compromessa una carriera, perché se la calunnia è un venticello, in tempi di internet e social network diffonderla è davvero un attimo. E schiodarsi di dosso la sinistra fama di iettatore poi diventa un problema.
Quanti «innominabili» abbiamo incontrato nella nostra carriera professionale, o semplicemente nella nostra cerchia di amici? Perché poi spesso e volentieri le cose nascono così, con un «non ci credo ma non si sa mai». Nel mondo dello spettacolo, che in quanto a scaramanzie non ha nulla da invidiare allo sport, è stata scandalosa (e dolorosa) la vicenda di Mia Martini, voce meravigliosa e rivalutata dopo la morte, carriera rovinata dall’accusa di essere una iettatrice (tutto cominciò quando «predisse» la caduta di un telone fissato male sul palco di un concerto); o quella di Marco Masini, cantante boicottato dai programmi tv perché i colleghi, quando passava, si davano di gomito dicendo «porta sfiga».
Il più furbo di tutti? Rosario Chiarchiaro, il protagonista della novella di Luigi Pirandello considerato un menagramo. Chiarchiaro si presentò davanti al giudice e anziché chiedere i danni, chiese la patente di iettatore. Mi considerate un portasfiga? Avete paura della jella? Siete così stupidi da pensare che io possa mandarvi malefici? E allora pagate. Il modo più subdolo di punire l’ignoranza umana.