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 2014  settembre 18 Giovedì calendario

NUOVO PATTO TRA RENZI E BERLUSCONI SULL’ITALICUM

«Non si può più perdere tempo: voglio chiudere sulla legge elettorale», con queste parole l’altro ieri Matteo Renzi ha avvisato i collaboratori della sua intenzione di incontrare Silvio Berlusconi. E così, il giorno dopo, non per la prima e, probabilmente, neanche per l’ultima volta, il leader di Forza Italia varca il portone di Palazzo Chigi. Con lui Gianni Letta. Denis Verdini, invece, era arrivato una manciata di minuti prima. Ad accoglierli, il premier e il vicesegretario del Pd Lorenzo Guerini.
Per rompere il ghiaccio, prima di un colloquio di un’ora e tre quarti, Berlusconi, invece di parlare del tempo, si dedica a uno dei suoi argomenti preferiti: il Milan. «Vado a Milanello, sto seguendo i ragazzi e i risultati si vedono», si fa bello l’ex presidente del Consiglio. Che poi si produce in un elogio di Jérémy Menez.
Il ghiaccio è sciolto, anche se Renzi non può fare sfoggio di uguale ottimismo sulla «sua» Fiorentina. Si arriva al dunque. Che per il gran capo di Forza Italia è fondamentalmente questo: «Sei in grado di garantirmi che non ci saranno elezioni anticipate a breve?». Già, perché se così fosse per l’ex Cavaliere la strada da imboccare non sarebbe certo quella dell’accordo: «Se si deve andare a votare ora, allora ci teniamo il Consultellum», è il suo ritornello. Ma Renzi non ha le elezioni in mente: «L’ho detto, io voglio portare avanti il mio programma». Quello dei mille giorni, in cui c’è anche il tanto discusso Jobs act. I due ne parlano, ma il presidente del Consiglio non chiede la sponda di Forza Italia per farlo passare. Semplicemente informa l’ex premier di quello che vuole fare: «È una grande operazione, io punto a cambiare l’Italia davvero».
Ma al momento a Berlusconi interessa assai di più che la legislatura prosegua. I due non pronunciano una data di scadenza. Dai discorsi, però, si capisce che almeno fino al 2017 si va avanti. E, potendo, anche oltre, come ha detto pure pubblicamente Renzi: «L’orizzonte elettorale è fissato a febbraio del 2018». Perciò il leader di Forza Italia è pronto a giocare la partita dell’Italicum: «Per me va bene accelerare. Che cosa me ne viene? Che resto in partita e dimostro che mantengo i patti», spiegherà più tardi ai suoi.
Dunque, la riforma della legge elettorale, una versione riveduta e corretta dell’Italicum licenziato dalla Camera dei deputati, dovrebbe essere incardinata già la prossima settimana, salvo sorprese. Gli imprevisti infatti sono sempre possibili, visto l’andazzo di questo Parlamento. Se ne occuperà, ovviamente, la commissione Affari costituzionali di Palazzo Madama presieduta da Anna Finocchiaro, che aspettava proprio l’incontro di ieri per muoversi.
L’accordo sulla «velocizzazione» dei tempi c’è. Quello sui contenuti non è definitivamente chiuso. Se ne discute a più voci, mentre all’inizio della riunione il colloquio, sebbene gli altri fossero presenti, era tra i due. Premier ed ex premier, infatti, hanno parlato anche della situazione internazionale, del Medio Oriente, ma pure dell’Ucraina e infatti il nome di Putin è stato pronunciato più volte.
Sulla riforma elettorale, quindi, intervengono gli altri presenti. Verdini e Guerini, soprattutto. Si trova un’intesa per abbassare al 4 per cento la soglia per i partiti che si alleano. Ma è sull’altro quorum che non si arriva al dunque. Quello dell’8 per cento per le forze politiche che decidono di andare sole. Per intendersi, la norma anti Sel e anti Ncd, che, con uno sbarramento così alto dovrebbero necessariamente coalizzarsi.
Comunque, anche quella percentuale dovrà scendere: solo che su questo punto c’è ancora un tira e molla in corso. Renzi punta ad abbassare al 5 la soglia necessaria a una lista per entrare in Parlamento. Quanto al problema del rapporto tra elettore ed eletto, resta in piedi l’ipotesi dei capilista bloccati, mentre per gli altri candidati in lizza varrà il sistema delle preferenze. Anche su questo punto, però, manca il sigillo dell’intesa definitiva. C’è solo un via libera di massima da parte di Berlusconi. Benché al Pd siano convinti che alla fine il leader di Forza Italia darà il suo assenso ufficiale. Per evitare l’eventuale ballottaggio bisognerà invece superare la soglia del 40 per cento e su questo punto l’ex Cavaliere non si è detto contrario.
Maria Teresa Meli