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 2014  settembre 18 Giovedì calendario

DALLA SUINA AD AL QAEDA

Quando la nube di Chernobyl prese la rotta dell’Europa Occidentale, riuscirono a produrre in neanche ventiquattr’o­re mezzo milione di compresse di ioduro di potassio, indispensabili per contrastare gli effetti della radioattività sulla tiroide. Tre anni do­po, in quel 1989 che si portò via la Cortina di Ferro, furono in grado di sfornare 1.200.000 compresse di a­cido acetilsalicilico, un potente antinfiammatorio da spedire in Romania. L’ordine arrivò a mez­zogiorno del 24 dicembre. Per il pranzo di Natale era già tutto pronto. Nel Paese sfiancato da u­na terribile crisi sociale e politica, i farmaci italiani furono graditi più di un dono di Santa Claus.
Lo Stabilimento Chimico Farma­ceutico Militare di Firenze, ora in­caricato di produrre farmaci a base di cannabis (di cui riferiamo nel­l’articolo principale) non è solo un pezzo di storia nazionale. Fondato nel 1832 per soddisfare prioritaria­mente le esigenze sanitarie delle Forze Armate, all’occorrenza pro­duce medicine e presidi medico­chiurgici a tempo di record. Non fos­se stato per gli specialisti in divisa le conseguenze dell’alluvione di Fi­renze del 1966, del terremoto del Friuli (1976), dell’Irpinia (1980), sa­rebbero state perfino peggiori.
Una delle attività degne di conside­razione riguarda i “medicinali orfa­ni” che, pur essendo di particolare utilità, non vengono sviluppati né prodotti dalle aziende farmaceuti­che a causa del limitato interesse e­conomico. Si tratta di farmaci indi­spensabili nella cura delle malattie rare (quasi settemila tipologie). «In realtà, sebbene in Europa una ma­lattia rara è considerata tale se col­pisce 1 paziente su 2.000 (inciden­za del 0,05 %), anche quel singolo (sfortunato) paziente - si legge sul sito dello stabilimento militare - ha tutto il diritto di essere curato ade­guatamente e con i migliori presidi messi a disposizione dalla Comu­nità Scientifica internazionale».
Come dimostra il caso delle pasti­glie predisposte durante l’allarme radioattivo provocato dall’esplosio­ne della centrale nucleare di Cher­nobyl, lo Stabilimento Chimico Fra­maceutico militare, svolge un’atti­vità di ricerca anche per affrontare eventuali attacchi con armi non convenzionali: virus, sostanze ra­dioattive, gas tossici. Dal 2003 l’Isti­tuto prepara vaccini, antidoti e me­dicinali speciali da utilizzare in ca­so di attentati batteriologici, in se­guito alle minacce espresse dai ver­tici di al-Qaeda. Un attività svolta necessariamente nella massima di­screzione.
In realtà nella struttura si produco­no anche liquori e bevande care a chi ha svolto il servizio militare di leva: dal proverbiale “cordiale”, il su­peralcolico ingurgitato nelle notti di veglia dai militari esposti alle tem­perature invernali, per arrivare a un’acqua di colonia entrata in pro­duzione recentemente.
Nel 1998 i militari in camice bianco furono incaricati di preparare per conto del Ministero della Salute, due dei principali farmaci della terapia anticancro del professor Di Bella: la soluzione ai retinoidi (meglio cono­sciuta come lo sciroppo di vitamine) e le compresse di melatonina, la cui sperimentazione non ha fornito i ri­sultati attesi. Attivati dall’Istituto Su­periore di Sanità, furono rapida­mente messe a punto le procedure operative per la produzione di que­sti due farmaci: in circa 20 giorni, lo Stabilimento produsse 2.400.000 compresse di melatonina e 10.400 flaconi di soluzione ai retinoidi.
Molte volte il lavoro dello Stabili­mento farmaceutico ha anche il compito di tranquillizzare l’opinio­ne pubblica. Come nel 2009, quan­do il ministero della Salute chiese di mettere in produzione il farmaco antivirale “oseltamivir”, utilizzato a scopo profilattico e terapeutico con­tro l’influenza umana A/H1N1, pas­sata alle cronache come “febbre sui­na”. Fortunatamente quei prepara­ti sono rimasti chiusi nei freezer.