Panorama 18/9/2014, 18 settembre 2014
L’ELEFANTE, RE DEGLI ANNUSATORI
In 100 chilogrammi di proboscide (tanto può pesare il naso di un pachiderma) è ovvio che ci stanno un sacco di geni deputati a sentire gli odori, quasi 2 mila per la precisione. E non stupisce che, in un’ipotetica gara fra specie ammali, il vincitore nella genetica dell’olfatto sia l’elefante africano. Il ratto, per dire, viene secondo, seguito dalla mucca e dal cavallo (tutti, comunque, sopra i mille geni). In questa classifica (messa a punto da ricercatori dell’Università di Tokyo e pubblicata su Genome Research) l’uomo figura ben dopo, con i suoi scarsi 396 geni, più o meni come quelli degli altri primati. Nei mammiferi, il senso dell’olfatto è fondamentale per cercare cibo, avvertire la presenza dei predatori, trovare un compagno per riprodursi. L’elefante, spiegano gli scienziati giapponesi, possiede una speciale ghiandola olfattiva dietro ogni occhio, chiamata ghiandola temporale; nei maschi, è particolarmente attiva durante l’accoppiamento, quando diventano aggressivi e producono grandi quantità di testosterone. E proprio gli elefanti africani, come hanno dimostrato altri studi, sono in grado di distinguere grazie al loro superolfatto tra due diversi gruppi etnici, i Masai e i Kamba. I Masai sono per loro una minaccia, e se ne tengono lontani, mentre i Kamba, popolo di agricoltori, non vengono avvertiti come pericolosi.