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 2014  settembre 17 Mercoledì calendario

HUBERT È MORTO LUNGA VITA A HUBERT

Messosi subito al lavoro, Hubert (ovvero tutti noi del team curatoriale esecutivo) iniziò a invitare gli artisti, ai quali veniva mandata una lettera in cui s’informavano che Hubert li aveva selezionati. Con nostra grande sorpresa, nessuno dei prescelti chiese chi diavolo fosse Hubert. Tutti accettarono ben volentieri. Dovete sapere che allora – oggi è diverso – alla Biennale poteva invitarti anche Hitler in persona e nessuno avrebbe rifiutato. Per un artista andare alla Biennale era – lo è ancora ma molto meno – come vincere un terno al Lotto. Fra gli invitati, la maggior parte dissolti nell’oblio, c’era invece anche un giovane pittore americano, John Currin, all’epoca semisconosciuto, oggi uno dei più apprezzati e costosi artisti contemporanei viventi. A una cena a New York parlando del passato venne fuori la Biennale: Currin ricordò con un po’ di nostalgia quella del 1993, l’albergo a una stella dove aveva dormito, l’umidità della laguna e naturalmente Mike Hubert. Mi disse che non l’aveva mai conosciuto e che non aveva mai capito chi fosse, sapeva solo che era morto. Feci fatica a trattenermi dal ridere, ma non ebbi il coraggio di confessargli che in qualche modo Mike Hubert ce l’aveva davanti, vivo e vegeto. Glielo avrei rivelato qualche tempo dopo, sotto gli effetti dell’alcol. Inutile dire che ci facemmo delle matte risate. L’arte nel 1993 non era questo complicato affare di oggi, dove tutti si prendono solo e troppo sul serio. Mike Hubert era comunque un curatore come si deve e la sua sezione, quella di apertura delle Corderie, fu una delle migliori. Tuttavia non volevamo che Hubert avesse delle seccature, così, pochi giorni prima dell’inaugurazione della Biennale, negli uffici di Ca’ Giustinian arrivò un fax che in modo sintetico informava della sua prevista scomparsa, dopo lunga malattia. Ricordo ancora quando, raggiungendo l’Arsenale in una di quelle eccezionali giornate di sole di maggio che rendono Venezia e le sue rogne sublimi, vidi la faccia torva e di circostanza di Roberto Beltrame, impiegato della Biennale, che mi comunicava la scomparsa di Hubert. Avrei voluto vedere la mia, di faccia, tesa nello sforzo di rabbuiarsi e atteggiarsi al cordoglio, rivelandomi che, oltre a essere un bravo curatore, avevo anche modeste capacità di attore. Mike Hubert era morto, lunga vita a Mike Hubert! Che, come succede spesso, d’altronde, anche per le persone reali, nel giro di poche ore fu completamente dimenticato.
Francesco Bonami, La Stampa 17/9/2014