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 2014  settembre 17 Mercoledì calendario

ADDIO A FRIGERIO, L’UNICO SCAMPATO ALLA STRAGE DI ERBA

Ci vollero 9 minuti per precipitare all’Inferno. Tre giorni per cominciare ad uscirne e testimoniarlo: «Ho visto il Diavolo…», raccontò con un filo di voce la prima volta al magistrato che cercava d’interrogarlo. Poi, sfinito, Mario Frigerio, ex autista in una ditta di alimentari, rimase con gli occhi sbarrati a cercare di ricordare, mentre le lacrime bagnavano il cuscino. Il «sopravvissuto» della strage di Erba è morto la scorsa notte, a 73 anni, dopo una lunga malattia, senza portarsi nella tomba alcun segreto, come tanti dietrologi hanno continuato a sostenere, incapaci di accettare la banalità del male rappresentata da una coppia di ossessivi e ordinari travet, condannati all’ergastolo e reo confessi.
Frigerio riemerse lentamente dall’incubo in un letto d’ospedale a Como, prendendo coscienza del fatto che sua moglie, Valeria Cherubini, non ce l’aveva fatta, assalita dai demoni del piano di sotto con le sembianze dei vicini di casa, i pulitissimi Rosa e Olindo che l’avevano uccisa con otto colpi alla testa e 11 coltellate al corpo. A lui era andata meglio, il fendente alla gola lo aveva lasciato in un lago di sangue, ma vivo: salvato da una malformazione dell’arteria carotide che passa a destra del collo anziché a sinistra. Era la sera dell’11 dicembre 2006. Quattro giorni dopo, Frigerio trovò il coraggio di dare un nome al «Diavolo», un nome strano e pacioccone: Olindo. Il vicino che con il suo corpo enorme lo aveva sovrastato sulle scale di una ex casa di ringhiera ad Erba, mentre l’appartamento al primo piano prendeva fuoco per cancellare le tracce di una delle stragi più atroci dal dopoguerra ad oggi in cui morirono tre donne e un bambino: Raffaella Castagna, 31 anni, sua madre Paola Galli, il figlioletto di Raffaella, Yussuf, di appena due anni e 3 mesi, sgozzato sul divanetto della sala e, infine, la moglie di Frigerio, Valeria, incontrata per le scale, inseguita e raggiunta a una finestra della propria abitazione. Ognuna delle vittime era stata colpita alla testa con una sbarra di ferro e poi alla gola con numerose coltellate. Un massacro sistematico, come tutto nella vita degli assassini: Olindo colpiva alla testa, poi passava Rosa che con un coltello li finiva. Movente: i Castagna facevano troppo rumore. O meglio: avevano una vita, confusa, arruffata, bislacca, ma vita. Che a loro, Rosa e Olindo, lei domestica a ore, lui netturbino, era stata negata da un pezzo per lasciare spazio solo all’ordine e alla pulizia di un’esistenza grigia e fredda come l’acciaio dei loro nervi. Raffaella poi, invidiata figlia di una delle famiglie più in vista della città, i Castagna, si era sposata invece con un tunisino balordo, Azouz Marzouk, piccolo spacciatore, bello e dannato che Rosa, minuta e timorosa, odiava e sfuggiva. Piccoli dettagli, vecchi litigi e infine una goccia di sangue ritrovata sul predellino della loro utilitaria, piano piano costruirono un quadro indiziario pesante che due mesi dopo la strage portò Rosa e Olindo in carcere. Ma la prova regina, la testimonianza che inchiodò la coppia diabolica - reo confessa subito dopo l’arresto e poi, man mano sempre più omissiva, fino a negare ogni responsabilità - fu il riconoscimento, prima balbettante poi inequivocabile, di Mario Frigerio, il sopravvissuto. All’inizio, un ricordo confuso: quello delle scale piene di fumo, di una porta che si apre e «di una forza tremenda che mi tira giù», il dolore di un peso che lo schiaccia e del collo reciso. Ci vogliono altre 24 ore prima che Frigerio metta a fuoco il nome di quel mostro che lo aveva aggredito: «Quel vicino dal nome strano…». «Chi, Olindo?», «Si, Olindo, Olindo Romano…». Il verbale di Frigerio verrà tenuto segreto a lungo, fino a quando tutti i tasselli non andranno a posto. Frigerio, testimonierà ancora a processo in un confronto drammatico con Olindo che gli chiede «di dire la verità». Ma la verità è quella, ineluttabile e Frigerio la ripete davanti ai giudici, con il solito filo di voce: «Sei stato tu, disgraziato, sono stati quei due delinquenti lì…». Travolto dall’emozione, spiegherà di avere provato «un senso di liberazione» per la condanna della coppia. Poi, di quella sera, di Rosa e Olindo, Frigerio non ha voluto parlare mai più, nemmeno con il suo avvocato. Si è spento serenamente.
Paolo Colonnello