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 2014  settembre 17 Mercoledì calendario

FAME, IL MONDO MANCA L’OBIETTIVO

Anche se Ertharin Cousin, la direttri­ce del Programma alimentare mon­diale dell’Onu parla già dell’impor­tanza di non sedersi sugli allori, sembra molto probabile che per quanto riguarda la fame nel mondo l’obiettivo del millen­nio non sarà raggiunto. Quattordici anni fa i leader di centocinquanta paesi si sono riuniti a New York per il più grande con­sesso di potenti della storia e lì si sono da­ti otto obiettivi da raggiungere nel giro di quindici anni. Il primo o­biettivo è sradicare po­vertà e la fame e se per quanto riguarda la po­vertà il traguardo del di­mezzamento della per­centuale di persone che vivono con meno di un dollaro e venticinque cen­tesimi al giorno è stato raggiunto con cinque an­ni di anticipo, sulla fame siamo a un passo dal fal­limento.

I leader mondiali si erano impegnati a dimezzare la quota di abitan­ti del mondo che si trovano in condizioni di sottonutrizione: si doveva scendere dal 18,7% del 1990-92 al 9,3% del 2015. Secon­do le stime contenute nell’ultimo rappor­to sulla sicurezza alimentare realizzato da Fao, Programma Alimentare e Ifad (tre en­tità dell’Onu) la percentuale di persone af­famate per il periodo 2012-2014 è all’11,3%, quindi due punti sopra l’obiettivo. Le tre organizzazioni dicono che il traguardo è «alla portata» a patto che siano avviati «sfor­zi immediati e appropriati». Ma conside­rato che il tasso degli affamati è sceso di circa 3 decimi di punto all’anno negli ulti­mi ventiquattro anni e di poco più di 2,6 de­cimi all’anno nell’ultimo triennio, sembra molto difficile che da qui alla fine del pros­simo anno si possa recuperare il 2% che manca. Lo stesso discorso si è valido per il tasso di denutrizione nelle nazioni in via di sviluppo, sceso dal 23,4% dei primi an­ni Novanta al 13,5% dell’ultimo triennio e quindi ancora lontano dell’obiettivo dell’11,7%.

Si tratterebbe di salvare dalla fame altri 150 milioni di persone in un anno e mezzo, quando in quasi venticinque anni il mon­do è riuscito a ridurre i suoi affamati di cir­ca duecento milioni di persone, dal mi­liardo del 1990 agli 805 milioni di que­st’anno.

A livello nazionale, però, in molti ce l’han­no fatta: sessantatre paesi sono riusciti a dimezzare la quota di popolazione denu-t­rita, venticinque hanno raggiunto l’obiet­tivo ancora più difficile di dimezzare il nu­mero assoluto degli affamati. Dei 200 mi­lioni di affamati in meno, 139 sono della sola Cina. E l’intera America Latina ha sa­puto dimezzare sia il numero assoluto che la percentuale di affamati (scesa dal 14,4 al 5,1%). Anche Indonesia, Malawi e Thai­landia hanno fatto progressi significativi. Chi non ce la sta facendo, però, è gran par­te dell’Africa. L’obiettivo del dimezzamen­to per il continente africano è irraggiungi­bile: i denutriti sono scesi dal 33,3 al 23,8%, dovrebbero precipitare al 16,6% in un anno e mezzo. In realtà, al di là di singoli casi di eccellenza come il già citato Malawi, oppure la Nigeria, l’Angola e il Gibuti, l’Africa subsahariana sembra avere perso il treno degli obietti­vi del millennio. Gli afri­cani denutriti son au­mentati da 176 a 214 milioni. Se nel 1990 e­rano in Africa il 17,3% delle persone denutrite, nel 2014 questa quota è salita al 26,6%. Il Sudest asiatico, che anche oggi è l’area del mondo con il più ele­vato numeri di persone denutri­te (276 milioni) negli ultimi ven­ticinque anni ha saputo tagliare la quota di popolazione ’affa­mata’ dal 30,7 al 10,3%.