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 2014  settembre 12 Venerdì calendario

CANDIDATURE SENZA MERITO

Il copione è perfettamente rispettato, da sempre graniticamente uguale a se stesso. Si stipula un accordo tra partiti per l’elezione dei nuovi membri della Consulta e del Csm; l’accordo viene ripetutamente e clamorosamente tradito nel segreto dell’urna; il Parlamento s’impantana; il Capo dello Stato interviene chiedendo velocità e senso di responsabilità; deputati e senatori ci riprovano; quindi l’ennesimo mortificante fallimento e la richiesta di una «pausa di riflessione».
E’ la fotografia di quel che va accadendo in Parlamento, ripetutamente convocato in seduta congiunta nella speranza che riesca finalmente a esercitare questo proprio diritto-dovere. E’ una foto di questi giorni: ma sarebbe stata perfetta anche una qualunque immagine d’archivio presa dagli album degli anni passati, considerata la ripetitività della prassi e dei fallimenti. Nulla di nuovo, tutto come sempre, insomma: e ci sarebbe, dunque, poco di cui scandalizzarsi. Invece, è proprio la circostanza che tutto stia andando «come sempre» a sollevare sconcerto e a meritare qualche riflessione.
A lasciare interdetti, prima di tutto, è il fatto che anche cambiando gli attori - per dir così - il copione sia rimasto implacabilmente lo stesso.
Si è molto e giustamente valorizzato, all’indomani del voto del 24 e 25 febbraio dell’anno scorso, l’alto tasso di rinnovamento del Parlamento italiano, l’ingresso di una assai significativa quota di under 40 (e perfino under 30) e il fatto che queste novità - assieme al sorprendente risultato ottenuto dalle liste di Grillo - avrebbe fortemente contribuito, quasi di per sé, a cambiare le cose. Un aumento di oltre il 10% della presenza femminile rispetto alla precedente legislatura, un vasto ricambio ed una netta diminuzione dell’età media di deputati e senatori pareva garanzia sufficiente per un cambio di musica (di copione, appunto).
Ci si sbagliava: nulla o quasi nulla di tutto questo è fino ad ora accaduto. A conferma del fatto, evidentemente, che rinnovamento, ricambio e ringiovanimento delle assemblee parlamentari non bastano - da soli - a determinare il necessario e auspicato «cambio di verso». Possono, magari, render meno prono e governabile il Parlamento di fronte a candidature e «patti tra leader» poco graditi, come sta appunto accadendo in queste ore (e come accadde nei giorni dell’elezione del nuovo-vecchio Presidente della Repubblica): ma oltre quello che potremmo definire un «potere di interdizione», non si va...
E’ una delusione, la cui responsabilità, naturalmente, va attribuita più ai soliti «patti tra leader» che ai singoli parlamentari. Ai quali, tra l’altro, vengono proposte candidature (nel caso in questione come in altri) che, salvo qualche eccezione, risultano realmente indigeribili. La filosofia che continua a considerare organismi delicati come il Csm e addirittura la Corte Costituzionale alla stregua di un cimitero degli elefanti, di un buen retiro per ex di questa o di quell’altra carica, insomma, andrebbe archiviata una volta per tutte. E certo non aiuta, in sovrappiù, il ciclico ritorno in campo dei soliti e onnipresenti avvocati di Silvio Berlusconi.
C’è poi una seconda questione: ancor più sconcertante, se si vuole. Rompendo radicati tabù fuori e dentro il suo partito, Matteo Renzi - chiudendo pochi giorni fa la Festa de l’Unità a Bologna - ha molto insistito sulla necessità di riconoscere e premiare (a partire dalla scuola) la competenza e il merito: piuttosto che automatici scatti di anzianità per tutti - ha auspicato - aumenti solo per chi ha dimostrato, appunto, di meritarli. Proviamo ad analizzare, secondo questo principio, le candidature proposte per la Corte Costituzionale e, soprattutto, per il Consiglio superiore della magistratura: l’incontestabile sensazione è che - fatte salve poche eccezioni - i curriculum, le cose fatte, le esperienze maturate (il merito, insomma) abbiano contato poco o nulla.
Predicare bene e razzolare male è pratica dal respiro cortissimo. Il Paese continua ad attendere segni di chiara discontinuità che sostanzino promesse ed intenzioni ripetute quasi quotidianamente. Il governo sta provando - tra difficoltà e contraddizioni - a voltare pagina: non è questione, ecco il punto, che non debba riguardare anche i partiti. Ieri, dopo l’ennesima debacle, le forze politiche di maggioranza e di opposizione hanno chiesto una «pausa di riflessione»: l’hanno ottenuta, com’era inevitabile che accadesse. L’auspicio è che la usino con saggezza: magari non per provare a rinserrare le file, ma per cambiare almeno alcune delle carte in tavola. Il presepe - infatti - non piace, come recitava Eduardo De Filippo: e magari non piace anche perché alcuni pastori che dovrebbero arredarlo sembrano del tutto fuori posto...
Federico Geremicca, La Stampa 12/9/2014