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 2014  settembre 11 Giovedì calendario

PECHINO INCORAGGIA I MATRIMONI MISTI PER RIDURRE I CONFLITTI FRA LE VARIE ETNIE

Per smorzare le tensioni nella regione autonoma dello Xinjiang, che si trova nella parte nord-occidentale della Cina, il governo di Pechino punta sui matrimoni misti. E lo fa distribuendo aiuti economici ai cittadini appartenenti a etnie minoritarie che scelgano come sposo o sposa uno han, il gruppo dominante nell’ex Celeste impero (oltre il 90% della popolazione), ma che nello Xinjiang è alle spalle degli uiguri (41% contro il 45% di questi ultimi).
La prima area a sperimentare questa politica è la contea di Tchertchen, quella più difficile da controllare per il governo centrale, dove viene offerta una rendita annua di 10 mila yuan (circa 1.260 euro) per cinque anni, oltre alle spese sanitarie pagate per l’intera famiglia e alle spese scolastiche per i figli garantite fino all’università.
Il provvedimento vale per tutti i membri delle minoranze che sposino uno han, ma l’obiettivo riguarda soprattutto gli uiguri, che sono musulmani turcofoni. Un responsabile della contea spiega che lo scopo è quello di stabilizzare lo Xinjiang e di promuovere l’integrazione culturale fra i vari gruppi etnici. Il Partito comunista mira a uniformare la Repubblica popolare e parla di una «grande causa dell’assimilazione» e di «unità etnica».
A Pechino sono preoccupati per la scarsità di unioni matrimoniale fra uiguri e han: un ostacolo sulla strada del consolidamento del potere centrale su una regione ricca di risorse naturali. A Tchertchen, in particolare, le statistiche riferiscono di sole 54 coppie miste ogni 100 mila abitanti, con il 72% di uiguri e il 26% di han.
Ma non tutti sono entusiasti di queste misure. Secondo Li Xiaoxia, docente all’Accademia di scienze sociali dello Xinjiang, l’intenzione è buona, ma potrebbe finire per rafforzare l’identità etnica e creare pressioni sulle famiglie miste. Gli fa eco Dilxat Raxit, rappresentante del Congresso uiguro mondiale, che è più esplicito nella sua analisi: il governo sta cercando di utilizzare le sovvenzioni per accelerare l’assimilazione degli uiguri, la cui cultura è molto diversa da quella han. In sostanza, si tratterebbe di un nuovo tentativo di assimilazione forzata.
Lo Xinjiang confina tra l’altro con il Tibet, la Mongolia e la Russia. Vi vivono 10 milioni di uiguri, che sono in parte ostili al controllo cinese. A Pechino sostengono che una frangia radicale dell’etnia è all’origine degli attacchi mortali verificatisi negli ultimi mesi sia nella regione, sia all’esterno. Ma vi sono esperti e associazioni per la difesa dei diritti umani che contestano la politica di Pechino, ritenuta repressiva nei confronti della cultura e della regione uigure: così si rischia di esasperare ulteriormente gli animi. Fatto sta che, dopo un attentato suicida avvenuto in maggio al mercato di Urumqi, capitale dello Xinjiang, era scattata un’ampia campagna contro il terrorismo. Da allora si sono moltiplicate le esecuzioni di persone accusate di eversione.
Ora, invece, il cambio di direzione delle autorità centrali, che preferiscono ricorrere alle buone maniere per tenere sotto controllo la situazione.
Massimo Galli, ItaliaOggi 11/9/2014