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 2014  settembre 11 Giovedì calendario

FAMIGLIA GARRONE: CHE SOLLIEVO LIBERARSI DELLA SAMP –Ù

Un ultimo pesante tributo prima di liberarsi del fardello bluecerchiato. È quello che hanno pagato qualche settimana fa i Garrone quando hanno dovuto attingere alla riserva utili portati a nuovo per coprire la maxiperdita di oltre 39,3 milioni di euro apertasi nei conti civilistici 2013 della loro holding San Quirico (Sq), a monte col 60% della quotata Erg e controllante anche quella Sampdoria che è stata appena ceduta al patron cinematografico Massimo Ferrero.
Il passivo di Sq, infatti, è stato determinato dalle svalutazioni che anno su anno sono salite da 42,5 a oltre 52 milioni. Il writeoff ha colpito tutto il settore sportivo della holding dei Garrone: per 39,4 milioni la Sampdoria Holding, per 5,7 milioni la controllata Uc Sampdoria e per i restanti 7,3 milioni la collegata Gf Immobiliare. Il settore sportivo ha poi ulteriormente zavorrato lo stato patrimoniale perché sono stati accantonati 65,5 milioni per rischi sulle partecipazioni; accantonamenti che ora, dopo la vendita della squadra, potranno essere smobilitati.
A supportare il conto economico di Sq ci ha pensato il ricco dividendo proveniente da Erg migliorato anno su anno da 33,6 a oltre 84 milioni mentre la cedola della controllata Polcevera si è contratta da 13,6 milioni a un milione tondo. La posizione finanziaria netta della cassaforte è peggiorata passando da -30,8 a -65,4 milioni perché i Garrone hanno ottenuto dalle banche un nuovo finanziamento di medio-lungo termine di 45 milioni «con l’obiettivo di riequilibrare la struttura dell’indebitamento bancario». Nel dettaglio il nuovo affidamento scadrà nel 2020 e prevede il pagamento delle quote capitale in 5 rate di 9 milioni cadauna con versamento della prima rata ad agosto del 2016.
Il consolidato di Sq, che ha di 5,3 miliardi e un patrimonio netto di 1,9 miliardi, si è chiuso con ricavi per 5,3 miliardi e una perdita di 47,3 milioni, anche se il risultato operativo è salito anno su anno da 230 a 282 milioni. La holding, che ha una governance di tipo duale con un consiglio di gestione presieduto da Giovanni Mondini e un consiglio di sorveglianza guidato da Edoardo Garrone, qualche settimana fa - nonostante la perdita - ha distribuito ai soci un dividendo di 7 milioni prelevati dalla riserva utili.
Veronesi e Micheli decollano con Genextra
Il Nasdaq fa bene ai conti di Genextra, società biotech fondata da Francesco Micheli e Umberto Veronesi e che annovera un parterre importante di soci, da Intesa Sanpaolo a Pirelli, da Bpm a Luca Cordero di Montezemolo. Qualche settimana fa, infatti, in occasione dell’approvazione del bilancio 2013, Genextra, presieduta dallo stesso Micheli, ha festeggiato una ricca plusvalenza di oltre 51,1 milioni di euro ottenuta vendendo in fase di collocamento al Nasdaq una quota di Intercept Pharmaceuticals, che sta sviluppando nuovi farmaci per la cirrosi biliaria. Il maxiguadagno ha portato in utile i conti, in rosso fin dalla costituzione della società per i rilevanti costi di start-up: il bilancio si è infatti chiuso con un profitto di 49,4 milioni dopo il rosso di 4,5 milioni del precedente.
Genextra ha venduto nello scorso ottobre, tramite l’ipo, una parte della propria partecipazione in Intercept per un incasso complessivo di 76,4 milioni di dollari e ogi detiene una quota del 30,6%. Nell’aprile scorso, poi, ha ceduto un’ulteriore quota per 97,7 milioni di dollari ma esercitando successivamente tutti i warrant posseduti per la sottoscrizione di nuove azioni, ha visto inalterata la presenza in Intercept al 30,6%. Fra lo scorso anno e il 2014 Genextra, dopo aver comprato per 2,5 milioni il 18% della società farmaceutica italiana Erydel, ha continuato a investire nelle altre partecipazioni, Congenia, Dac e Tethys per oltre 4 milioni.
Con liquidità per oltre 27,8 milioni, Genextra ha destinato l’utile 2013 interamente a riserva, mentre per coprire le perdite pregresse di 13,6 milioni il capitale è stato ridotto da 49,5 a 35,9 milioni.
Salini celebra il suo successo con un bilancio che fa faville
Nell’anno successivo alla conquista di Impregilo, Pietro Salini fa contenti i fratelli e il padre. Qualche settimana fa, infatti, l’assemblea dell’accomandita Salini Simonpietro & C. ha deciso di distribuire agli azionisti 6,6 milioni di dividendo, invariato rispetto all’anno prima, attinto interamente dalle riserve valere. L’accomandita, che detiene il 100% della nuova Salini Impregilo al 90%, vede come azionisti della Sapa sono, oltre a Pietro con il 49%, i fratelli Nicola e Marco e la sorella Luisa tutti con lo 0,1% ciascuno, assieme agli eredi Alexandra, Elisabeth, Frances, Maria Vittoria e Maria Eugenia (tutti ciascuno con lo 0,1%) mentre l’80enne papà Simonpietro detiene il restante 48,9%.
Più significativi sono i numeri del bilancio consolidato, il primo che fotografa l’avvenuta integrazione dei due gruppi di engineering e costruzioni tanto che il totale dei ricavi lievita anno su anno da 1,2 a 3,4 miliardi, l’ebitda progredisce da 126,3 a 313,6 milioni, l’ebit migliora da 59,5 a 142,4 milioni con un risultato netto finale di 82,1 milioni. I margini di redditività, pur in presenza di rilevanti oneri non ricorrenti sostenuti per il perfezionamento dell’opa su Impregilo (pari a circa 35 milioni), rappresentano livelli di eccellenza, con un ebitda margin e un ros rispettivamente del 9,1% e del 4,1%.
Con un patrimonio netto salito da 553 a 843 milioni e una posizione finanziaria netta negativa per 537 milioni, l’accomandita registra un portafoglio lavori di oltre 28,8 miliardi (che significa oltre 8,5 anni di produzione prospettica), di cui il 76,3% allocato nelle costruzioni e il 23,7% nelle concessioni. E nelle costruzioni i lavori ferroviari pesano per 5,6 miliardi, l’alta velocità per 3,6 miliardi, i lavori idraulici per 5,5 miliardi e quelli stradali per 3,8 miliardi. La fotografia ritrae un gruppo con oltre 31 mila duecento addetti e sempre più internazionale poiché a livello di portafoglio ordini l’Italia pesa ancora per il 38,4% (impiegando però solo il 4,6% degli addetti) ma è tallonata dall’Africa col 23,7%, seguito da Europa (14,4%) e Sud America (13,9%).
Nella relazione sulla gestione Salini sottolinea che il risultato netto delle attività cessate, pari a 87,7 milioni, si compone principalmente del risultato consolidato della Todini Costruzioni Generali «che per la prima volta viene valutata con un’ottica di cessione».
Andrea Giacobino, ItaliaOggi 11/9/2014