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 2014  settembre 11 Giovedì calendario

TAGLIOLINI ALL’ASTICE, TAEKWONDO E TATUAGGI LA RICETTA DI ZAZA PER DIVENTARE UNA STAR

Il destino degli Zaza è di essere antieroi. Simone, dopo due gare travolgenti e un gol in Nazionale, chiede umilmente: «Vorrei restare qui». Suo papà Antonio, ex attaccante dilettante, gestore di quattro villaggi turistici (al Metatour di Metaponto si erano riuniti in quindici alla tv, l’altra sera), gli fa tenere i piedi per terra: «E’ solo un gioco, non abbiamo mai preteso nulla da nostro figlio. Non sapete quanti ne ho visti, di giovani talenti rovinati dai genitori. Simone non si è montato la testa ». Appassionato di tatuaggi come di tagliolini all’astice, Zaza da piccolo faceva taekwondo, tirava il pallone solo in strada. «Un bel giorno, a 11 anni, disse che voleva fare il calciatore», prosegue il padre. «Cominciò alla Stella Azzurra di Bernalda, fu notato e a 12 andò al Valdera, in Toscana. Poi l’Atalanta: scelse lui, preferendola a Juve, Milan e Fiorentina. Noi non mettemmo bocca». Prima d’andare a scuola, ogni mattina pretendeva di vedere una videocassetta di quelle registrate dal papà milanista: s’innamorò di Marco Van Basten. Poi, lo volevano United e Arsenal. «Ma io non avrei venduto mio figlio per nessuna cifra, lui deve solo divertirsi, e poi è legatissimo all’Italia. Dicevano che era una testa calda, ha avuto problemi solo a Bergamo con la vecchia società: è sensibile, non va aggredito, le cose bisogna dirgliele nei modi giusti. Quando non è capitato, ha reagito: tutto qui». Tenero, single, legatissimo alla mamma Caterina, ma anche freddissimo: solo un occhietto lucido dopo il gol alla Norvegia. «Prima del debutto in azzurro gli ho chiesto: Simone, ma non sei emozionato neanche un po’? Mi ha risposto: papà, è solo una partita…».
f. s. i., la Repubblica 11/9/2014