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 2014  settembre 11 Giovedì calendario

MASSIMO GIANNINI: “BASTA SFOGATOI IL MIO BALLARÒ SARÀ BUON GIORNALISMO”

[Intervista] –
Massimo Giannini, tutti aspettiamo di vedere, martedì prossimo, come comincerà questo derby a distanza tra te e Floris…
«Non c’è nessun derby. E non solo per l’amicizia che c’è tra me e Giovanni, ma perché parliamo di due campionati diversi».
Perché solo la Rai è la serie A della tv?
«Non voglio dire questo. Ma la Rai, con tutti i suoi difetti e le sue incrostazioni, è davvero una piattaforma culturale e identitaria fortissima. Ha una forza che le tv commerciali non hanno. Il nostro è un servizio pubblico, gli altri fanno un’altra cosa. Perciò parlo di due campionati diversi».
Ma l’indomani andrete tutti a vedere gli ascolti. O no?
«No, non aspetteremo il giudizio di Dio del mercoledì mattina. Il campionato è lunghissimo…».
E vi contenderete gli ospiti…
«Io non credo che vincerà chi riesce a esibire lo scalpo di Renzi, quello di Berlusconi o magari quello di Grillo. Vincerà quello che dopo 42 puntate alla fine potrà dire: ho fatto buon giornalismo».
Meno politici sulle poltrone di cartone di Ballarò?
«Ne inviteremo quanti ne bastano e quando servono. Sottraendoci alla ridicola par condicio fuori stagione. Mi piace molto la formula del faccia a faccia: un personaggio alla volta. Ma purtroppo in Italia 42 personaggi della politica e dell’economia che abbiano qualcosa di importante da dire, 42 personaggi che valga la pena d’intervistare per mezz’ora o per un’ora fai fatica a trovarli. Magari ne trovi 15. E quei 15 cercherò di trovarli».
Cosa cambi a Ballarò? Lo studio rimane lo stesso.
«Non abbiamo fatto in tempo a cambiarlo. Aggiungeremo una scrivania, ma non la userò come una cattedra».
Ci saranno rubriche fisse?
«Una di sicuro, quella di Ilvo Diamanti, che sceglierà la parola della settimana e la commenterà».
Al posto di Crozza porterai Roberto Benigni, martedì prossimo. Un bel colpo.
«Ci stiamo lavorando. Ma chiameremo comici diversi, ci sarà una rotazione. Anche la sigla sarà tutta nuova. Cambia la grafica e cambia anche la musica. Ivano Fossati ha riarrangiato per noi la vecchia sigla. È bella. Anzi, travolgente».
Cosa cambierai, nella conduzione?
«Userò lo strumento del commento della settimana».
Come Santoro.
«Ma il mio sarà più… Ecco, sarà meno ambizioso. Un’altra novità saranno i collegamenti in diretta».
Come quelli di Santoro.
«No, il tempo delle piazze urlanti è finito. Lo sfogatoio populistico ha fatto il suo tempo. Ma ci sono luoghi dove è giusto andare. Per esempio un distretto industriale dove l’Italia sta consolidando la sua leadership nel mercato mondiale».
Al posto di Pagnoncelli tu hai chiamato Alessandra Ghisleri. La sondaggista di fiducia di Berlusconi. Perché?
«Perché è quella che alle ultime tornate elettorali, forse tranne l’ultima, ha azzeccato di più i risultati. E anche per mandare in corto circuito chi diceva che con me Repubblica veniva a occupare Ballarò».
A proposito di Repubblica. È difficile intervistare chi è stato per quasi trent’anni il tuo compagno di lavoro senza che qualcuno senta l’odore dolciastro del trattamento di favore. Ma ti faccio lo stesso la domanda che mi è venuta in mente quando ho saputo che andavi a condurre Ballarò. A Repubblica eri il vicedirettore. Chi te l’ha fatto fare di passare alla tv?
«Ma proprio per questo ho accettato l’offerta della Rai. A Repubblica avevo già fatto tutto. Dopo cinque anni che fai una cosa tu hai per forza esaurito la tua spinta propulsiva, per citare Berlinguer. Figurati dopo 28».
Il mercato della tv è più ricco di quello dei giornali. Quanto ha pesato il compenso, nella tua scelta?
«Non è stato un elemento decisivo. Io ero molto contento del ruolo che avevo a Repubblica, ed ero soddisfatto anche sotto il profilo economico. Non è che venendo alla Rai abbia vinto la lotteria. Non ho svoltato. Non mi è cambiata la vita. Vado a stare meglio, certo, ma la leva non è stata quella. Tra i fattori che mi hanno spinto a dire sì il compenso è stato, se non l’ultimo, il penultimo».
Ma dì la verità, come prometti negli spot: non sentirai la mancanza della scrittura?
«Vuoi la verità? Mi manca già tantissimo. Per me scrivere è una ragione di vita. Al liceo sapevo che avrei fatto un mestiere che aveva a che fare con la scrittura. E quando uscì Repubblica decisi: farò il giornalista. Dunque non considero chiusa per sempre la mia esperienza nel giornalismo scritto. In qualche modo tornerò a scrivere».
Sebastiano Messina, la Repubblica 11/9/2014