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 2014  settembre 11 Giovedì calendario

“MIA SORELLA URLAVA E PAPÀ COLPIVA DI PIÙ ORA VIVO NEL RIMORSO DI ESSERMI SALVATA”

[Intervista a Marika Russo] –
CATANIA.
«Non ce la faccio a dormire la notte, mi sveglio di soprassalto e sento quelle urla». Il suo viso è dolcissimo, nei suoi occhi, invece, si leggono i segni indelebili della tragedia che ha vissuto. «Mi manca il mio angelo» dice. Marika Russo parla di Laura, la sorellina di dodici anni che venti giorni fa è morta per mano del padre, Roberto a San Giovanni La Punta, in provincia di Catania. Anche Marika è stata accoltellata, ma è riuscita a salvarsi e dopo aver trascorso due settimane in ospedale fra il reparto di Rianimazione del Garibaldi di Catania e la neuropsichiatria infantile di Acireale, è finalmente tornata nella casa dei nonni materni. Parla con un filo di voce, le scorrono in mente le immagini della serata vissuta con i familiari davanti a un panino e a una vaschetta di patatine, preludio a quella notte di follia. Frammenti di vita che non potrà mai dimenticare: suo padre che impugna due coltelli per ucciderle.
Marika, se ripensi a quella notte, cosa ricordi?
«Mi tornano ancora in mente le urla di Laura. Eravamo andate a letto serene e ci siamo addormentate abbracciate, come facevamo sempre. Ad un certo punto mi sono svegliata sentendola urlare e non ho avuto il tempo neanche di capire cosa stesse accadendo, che mio padre mi ha colpito con una coltellata. Io ho tentato di scappare per chiamare in aiuto i miei zii».
Hai capito cosa stava accanendo in quei terribili istanti?
«Lo vorrei assolutamente dimenticare, ma non ce la faccio, sto vivendo ancora un incubo. Laura mi manca da morire, era il mio angelo». Si agita, non vorrebbe più parlare. Ricordare le fa male.
Cosa stai pensando in particolare?
«Ho il rimorso di aver lasciato mia sorella sola nel letto per scappare e lei ora non c’è più». Marika cerca la forza per andare avanti senza la sua Lallipop, come amorevolmente l’aveva soprannominata. Ascolta musica dalla mattina alla sera e si concede delle pause sul suo profilo Facebook dove posta le foto insieme con Laura che definisce in inglese “My angel” mentre un fiume di teneri commenti di parenti e amici cerca di alleviarle il dolore.
Tutti dicono che tuo padre era una persona dolcissima. Almeno questo è quello che viene fuori dai racconti. Cosa pensi sia potuto scattare nella sua mente?
Marika non risponde, abbassa lo sguardo e rimane in silenzio. Di questo non vuole parlarne. Anche i suoi familiari dicono che attraversa periodi di assoluto mutismo. È sostenuta oltre che dalla mamma che non la lascia sola neanche per un attimo, anche da una psicologa. Un grande rimorso e tanti terribili ricordi non le permettono di tornare nell’appartamento di via della Regione, in quella che una volta era la sua casa. Le sale il cuore in gola se ci ripensa mentre vive con i nonni materni che la coccolano giorno dopo giorno nella speranza di farle superare quelle paure che al momento la soffocano.
L’immagine che ti porterai sempre dentro di Laura, qual è?
«Era sempre sorridente, la mia piccola Lallipop, e amava i cavalli. Lei sicuramente mi starà guardando da lassù e io vorrei dirle che è stata la mia vita per tutti questi anni e continuerà ad esserlo. Non ce la faccio a dormire la notte, mi sveglio di soprassalto e sento quelle urla».
Mentre Marika è tornata a casa, il padre è stato portato nel carcere di piazza Lanza, a Catania, ed è in isolamento. Le guardie carcerarie lo controllano a vista perché temono che, prendendo coscienza di quello che ha fatto, Roberto Russo, possa tentare di uccidersi. L’uomo ha ricordi molto confusi e per lui l’avvocato ha chiesto una perizia psichiatrica. «È indifendibile — dice il fratello di Marika, Michele Russo — Non ci sono parole per spiegare quello che abbiamo vissuto e che viviamo ancora» conclude.
Giorgia Mosca, la Repubblica 11/9/2014