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 2014  settembre 10 Mercoledì calendario

NON C’È SOLO EBOLA. L’INVASIONE DEI NEMICI MUTANTI E COSMOPOLITI

Di allarmi ce ne sono tanti: dalla Cina all’Italia, dall’Africa all’Arabia Saudita. Fino agli Usa, dove solo poche settimane fa sono stati segnalati i primi casi di chikungunya, l’infezione trasmessa dalle zanzare che sette anni fa s’affacciò nel Ravennate, per la prima volta in Europa.
La presenza di nuovi patogeni, unita alla ricomparsa di altri da tempo assenti dalla scena, instilla nuovi timori: le occasioni di contagio sono aumentate, con il boom dei viaggi e degli scambi commerciali, ma anche della povertà e delle diseguaglianze sociali. Anche nelle malattie la globalizzazione fa sentire i suoi effetti. Ma, oltre all’aspetto quantitativo, ce n’è anche uno qualitativo: i virus, nel passaggio da una specie all’altra, mutano senza sosta, al punto da sottrarsi alle maglie della profilassi. La molteplicità dei serbatoi animali e l’elevato tasso di trasmissione interumano fanno il resto.
«Ebola, influenze aviarie e Mers: ora le priorità riguardano le infezioni che si trasmettono da specie che, in alcuni Paesi, vivono a stretto contatto con l’uomo», commenta Piero Cappucinelli, ordinario di microbiologia clinica all’Università di Sassari che inaugurerà il congresso della Società Italiana di Microbiologia, in programma a Torino dal 28 settembre al 1° ottobre, con una conferenza sui patogeni emergenti e riemergenti.
Il confronto ruoterà soprattutto attorno al tema delle zoonosi, l’insieme delle malattie contratte dagli animali. A partire dalla nuova epidemia di Ebola, tra i patogeni di «gruppo 4», quelli ad alta mortalità e contro i quali non ci sono vaccini efficaci al 100%: oltre 3 mila i contagi in Africa, la metà dei quali si è rivelato fatale. «Mai, in precedenza, la diffusione era stata così ampia», dice Maria Rosaria Capobianchi, direttore del laboratorio di virologia dell’Istituto nazionale per le malattie infettive «Lazzaro Spallanzani». E cambia anche la mappa del contagio. Se Ebola - trasmesso attraverso il sangue e altri fluidi infetti di scimmie e pipistrelli - era presente soprattutto nell’Africa subequatoriale centro-orientale, ora colpisce gli Stati affacciati sull’Atlantico, come Liberia, Sierra Leone, Guinea e Nigeria.
L’assenza di voli diretti tra l’Italia e queste nazioni, poco gettonate a livello turistico, rende fortunatamente remoto il rischio di importare la malattia, ma l’allarme resta. E tra i temi al centro del dibattito ci sarà anche quello relativo alla trasmissione del Mers coronavirus, appartenente alla famiglia della Sars, con 800 casi e 291 vittime negli ultimi due anni: resta da definire quali siano i vettori in grado di trasmettere la sindrome respiratoria, oltre al dromedario, mentre dell’ultimo virus influenzale - l’H7N9, scoperto in Cina nel 2012 - sono ancora poco chiari i meccanismi che regolano il suo passaggio dal pollame infetto all’uomo.
Tutte malattie, che, comunque, finora hanno solo sfiorato l’Italia, dove invece si osservano «le mutazioni del virus respiratorio sinciziale, quello che provoca le bronchioliti infantili - spiega Guido Antonelli, ordinario di virologia all’Università Sapienza di Roma -. Il tipo A è il più diffuso, ma tra il Lazio e le Marche stanno crescendo i riscontri di un particolare genotipo che potrebbe far mutare il quadro clinico».
Altrettanto urgente è il problema dell’epatite B. «Oggi sappiamo che si guarisce dalla malattia, ma il virus, presente in un terzo dei pazienti colpiti dal carcinoma del fegato, non viene mai debellato - chiosa Carlo Federico Perno, direttore dell’unità di virologia molecolare al policlinico romano di Tor Vergata -. Come si risveglia l’herpesvirus che provoca la varicella, può accadere con l’Hbv dopo 40 anni, a seguito di terapie che sopprimono il sistema immunitario. E le conseguenze sono anche fatali». Nemmeno l’esistenza del vaccino, obbligatorio dal 1991, assicura sonni tranquilli. La legge non sempre è stata applicata e in Italia sono molte le persone provenienti da aree endemiche, come l’Europa orientale e l’Africa. Esistono, infine, anche casi di infezione riscontrati in individui già immunizzati. «L’antidoto è efficace, ma il virus è furbo: più circola e più si replica, più si replica e più muta. Accade così che qualche ceppo possa sfuggire alla profilassi». Considerate le caratteristiche dell’agente - tra quelli che provocano le epatiti virali, l’unico trasmesso anche per via sessuale -, sono due le raccomandazioni: «no» ai rapporti a rischio e «sì» allo screening, necessario prima di iniziare una terapia immunosoppressiva e indicato quando il fegato risulta ingrossato. «È un esame che costa poco e può salvare la vita».