Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2014  settembre 11 Giovedì calendario

ZAZA, ALLE ORIGINI DI UN ANTIDIVO

Simone Zaza porta avanti la sua battaglia personale nemmeno fosse un avversario sul campo: lui è di Metaponto, non di Policoro (luogo di nascita) e nemmeno di Bernalda (il Comune di cui Metaponto è frazione). Parte da qui la storia di Simone, un luogo lontano da tutto ma che niente respinge. Casa Zaza è casa di tutti. Un po’ perché papà Antonio e mamma Caterina hanno feeling con il mondo esterno, un po’ perché Simone è rimasto il libertino con mezzo guscio d’anguria in testa a fare la lotta in giardino con gli amici come accadeva fino a qualche tempo fa.

«Metatur» è la partenza Il complesso residenziale «Metatur» (circa 300 appartamenti) è gestito da babbo Antonio da oltre vent’anni. L’arco che annuncia l’ingresso in questo angolo di Metaponto sembra annunciare un cambio d’aria. A sinistra il campetto di calcio a cinque, a destra il gabbiotto del custode che aggiorna la bacheca dei giornali con le imprese di Zaza junior. Ciro ed Emy forse non lo sanno, ma il loro padrone sta conquistando posizioni nel calcio nostrano e internazionale. Ciro ed Emy sono i due bulldog inglesi che soavemente ti accolgono, paciosi nella loro abbondanza. Una volta superato l’arco si entra nello Zazaland. Un viale alberato conduce all’abitazione. Non ci sono chiavistelli o portoni a doppia mandata. La strada e la casa sono divisi da una cancellata bassa. Il cancelletto aperto, un tavolone con i giornali sparsi, la cucina esterna e i due genitori che accolgono l’ospite di turno con il sorriso sincero di chi vuole metterti a tuo agio. Simone, figlio unico, cresce a Metaponto e in Metaponto ci crede. Tanto che al nuovo sindaco di Bernalda è pronto a chiedere un intervento deciso per mettere la riqualificazione del territorio al primo posto del programma politico. «Non ha mai tagliato i ponti con il suo nido – spiega mamma Caterina - Le sue vacanze sono qui, al mare con gli amici e con i parenti». Ibiza, Miami e le Maldive non entrano nella lista dei desideri. Ha fatto «arredare» il giardino con salottino e amaca, giusto per goderne ancora di più. Simone, insieme con i genitori, ha appena comprato casa anche a Bernalda. Tanto per capire quanto tenga alle sue radici. Amore ricambiato: è in arrivo il primo fan club a Metaponto, dove è esplosa la «Zazamania».

Dal taekwondo al calcio Il calcio e il talento che possiede lo hanno allontanato. Ma lui torna sempre. E pensare che aveva iniziato con il taekwondo. Tre anni, dagli 8 agli 11. Testardo già da allora, lasciava intravedere margini promettenti. Come Ibrahimovic, anche lui ha iniziato con le arti marziali. Quando comunica alla famiglia di lasciare e puntare sul calcio è diretto: «Voglio fare solo uno sport alla volta per dare il massimo». Chi la prese male fu il suo maestro, convinto di avere tra le mani un papabile atleta olimpico. Non aveva dubbi a cambiare, nemmeno li ebbe a capire cosa voleva fare in campo: l’attaccante, un po’ come il padre, una carriera fino alla Promozione lucana. Prima la squadretta di paese giusto in tempo per prendere la licenza media, limite oltre il quale non è andato e che resta il grande cruccio di famiglia. «Ogni mattina la solita storia – racconta la mamma - davanti alla tv a rivedersi i gol di Van Basten in videocassetta. E tra un biscotto e l’altro arrivava a scuola giusto in tempo». Poi la chiamata a Pontedera, la squadra si chiama Valdera. Orbita Atalanta, regista Mino Favini, il responsabile dei settori giovanili più bravo di tutti. «A Pontedera siamo stati un anno – racconta il padre - Ha vissuto con la mamma e io facevo il pendolare da Metaponto due volte al mese». Basta un anno per passare all’Atalanta. Passa per essere un monello, una testa particolare. In realtà si chiude in se stesso quando gli si urla addosso. Preferisce il confronto, diretto e schietto.

La A e la depressione «A Empoli volle venire via, prima di andare al Valdera, perché venne isolato dal gruppo in quei primi giorni. Fu lui a dircelo» – rivelano i genitori. L’Atalanta è la prima grande occasione. E quando arriva anche l’esordio in A con Delneri in panchina sembra aver imboccato la strada giusta. Invece no, gli ultimi sei mesi del contratto nell’anno successivo sono umanamente un disastro. Messo fuori rosa per il mancato rinnovo, si deprime, si chiude in casa e nemmeno la mamma (con lui anche a Bergamo, lo seguirà fino all’esperienza di Viareggio) riesce a tirarlo su di morale. Via, a fine stagione si cambia, c’è la Sampdoria con i prestiti alla Juve Stabia, a Viareggio e all’Ascoli. Gira l’Italia, ma torna sempre a Metaponto. Come alla fine di luglio, quando dopo un’amichevole con il Sassuolo prende l’aereo e scende a sorpresa per il compleanno della mamma. Poi, per tornare, usa l’aereo. Maledetti voli. Come il padre, da qualche tempo anche Simone sente il mal di volare.

Il problema aereo Mal di pancia, ansia. «Ma la Nazionale mi aiuterà perché mi farà girare l’Europa» – dice sottovoce. Lui e il babbo si danno di gomito, forse Antonio domenica potrebbe debuttare con il volo per Milano dove c’è Inter-Sassuolo. «Potrebbe essere arrivato il momento» – ammette il capofamiglia. Il legame è forte. Tutti e tre amano i tatuaggi. La mamma ne ha 3, il padre 9, Simone una decina tra cui il volto della mamma, e due copiati dai genitori: un Topolino e un angelo stilizzato. Estremo opposto di personaggi più attivi fuori dal campo che sul terreno di gioco, Simone non è fidanzato. «Lo saprei, siamo i migliori amici – confida la mamma - A 9 anni prese la prima cotta per una bambina in vacanza qui. Mi chiese consiglio su come darle un bacio. Era impacciatissimo...». Alla fine quel bacio lo stampa e alla mamma da lontano alza il pollice, obiettivo raggiunto. Ora bisogna sbrigare la pratica barba. «Se non la elimina, io mi taglio i capelli come non piace a lui, vediamo chi cede» – lo sfida Caterina. Antonio, invece, lascia correre: «Sono cose da ragazzi, è meglio della cresta». Il look, appunto, mai banale: prima capellone, poi la cresta, infine rasato e barbone. E dire che a 7 anni, giorno del matrimonio dei suoi genitori, portò le fedi in chiesa con capelli tenuti su da una bella mano di gel.

L’amore per i più piccoli Tempo fa il parroco di Marconia, comune limitrofo, gli chiede di incontrare gli abitanti del piccolo centro. Simone ci parla e rilancia: solo con i bimbi. Accordo fatto. Mette a disposizione un pullman che fa tre volte la spola, i bimbi si mettono in cerchio nel campetto del centro residenziale e lui risponde alle domande. Alla fine, gelato e foto ricordo. Adesso lo cercano tutti da queste parti, non ultimo il sindaco di Matera che lo vuole insignire di un riconoscimento per aver portato in alto il nome della provincia. Intanto la comunità locale si organizza per il futuro prossimo: a ottobre l’Italia giocherà a Palermo ed è partita la caccia al posto sul pullman che andrà al Barbera. Chissà se tra loro ci sarà il concittadino che ha vinto 1.400 euro scommettendo sul suo gol contro la Norvegia. I soldi, ecco, un altro falso mito. Non ostenta, a tal punto da rischiare di passare da tirchio quando una volta al mese arriva la telefonata a papà Antonio: «Mi fai la ricarica del cellulare babbo per favore?». E’ rimasto così, è rimasto quello che si innamora di tutti gli animali al punto da portare a casa girini, un riccio, un furetto e un’iguana che una mattina esce dalla teca e si addormenta sulla sua guancia. Lo stesso Simone che ai genitori, dopo aver segnato alla Norvegia, commenta: «Beh? E’ una partita come le altre».