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 2014  settembre 11 Giovedì calendario

MONTEZEMOLO, FORMIDABILI QUEGLI ANNI

C’è una persona che ha vissuto dal primo all’ultimo momento l’avventura di Luca di Montezemolo in Ferrari. E’ Bernie Ecclestone. C’era quando Luca arrivò a Maranello nel 1973, c’è ancora oggi nel momento in cui il presidente della Ferrari se ne va: «Mi spiace — dice il capo indiscusso della F.1 — perché si chiude un’era che è stata ricca di risultati per la Ferrari. Luca è stato un valido interlocutore, magari a volte eccessivamente duro (come quando, ingiustamente e poco carinamente, definì Bernie “rincoglionito”, n.d.r. ) ma alla fine costruttivo. Gli auguro nuove soddisfazioni per il futuro».

Soluzione Ecclestone è sempre stato un grande alleato della Ferrari, della quale si dichiara tuttora tifoso, al punto da possedere una strepitosa collezione di F.1 del Cavallino. E nei momenti di crisi si è sempre fatto avanti per aiutarla. Quando Montezemolo, a metà del 1992, si trovò col reparto corse che faceva acqua da tutte le parti, un po’ come oggi, fu Bernie a premurarsi per tamponare le falle. Parlarono a lungo e gli consigliò un nome: «Ho l’uomo giusto per te, è Jean Todt: ha guidato la Peugeot a vincere nei rally e a Le Mans, prendilo». Montezemolo accettò la scommessa. Era il 2 luglio: Todt andò in Mercedes (!) a casa di Montezemolo a Bologna e fu il primo degli incontri che portarono, nel marzo del 1993, all’accordo. Ancora Ecclestone fu la persona che nell’estate 1995 generò l’ingaggio nientemeno che di Schumacher, col quale la Ferrari ha dato vita al periodo d’oro della sua storia sulle piste. Montezemolo fu bravo e umile nell’accettare i consigli, poi fu il gestore superlativo di un momento magico protrattosi per oltre un decennio. Non ci furono solo i successi sulle piste, ma anche una rivitalizzazione di tutto il settore commerciale, cominciando da una macchina che simboleggiava la storia, la 550 Maranello, motore V12 come piaceva a Enzo Ferrari, presentata al Nürburgring (1996), pista-teatro di imprese leggendarie dei piloti e delle vetture modenesi. Nel 1997 ci fu la trovata diabolica di far disegnare le linee esterne della nuova galleria del vento a Renzo Piano, poi via via l’acquisizione della Maserati con i primi passi della rinascita cominciata dalla Quattroporte, il lancio della 550 Barchetta prodotta per soli 448 clienti selezionati, l’arrivo della Enzo da 660 cavalli e 350 orari, quello della 612 Scaglietti e tante altre macchine da favola sino alla California, la «verde», l’incredibile LaFerrari e tanto ancora. In mezzo, la fabbrica — che dai tempi di Enzo Ferrari è sempre stata iper-tecnologica — è cresciuta diventando un gioiello con reparti da sempre anonimi, come la verniciatura o il centro sviluppo prodotto, trasformati in salotti accoglienti da “archistar” come Marco Visconti e Massimiliano Fuksas.

Ruolo Montezemolo è stato abile, una volta capito che le cose funzionavano a meraviglia, a lasciare carta bianca a Todt, per dedicarsi all’azienda, alla sua immagine, ai suoi profitti saliti progressivamente. Insostituibile nelle occasioni di gala, con baciamani e abbracci a Sharon Stone e tante altre attrici, diplomatico con politici e personaggi di varie estrazioni che ha incontrato strada facendo. C’è chi gli ha rimproverato di aver usato molto i risultati delle piste per alimentare il proprio mito e la propria credibilità in altri ambienti, e costruirsi, parallelamente, attività personali come quelle intraprese con Poltrona Frau, il fondo Charme, in rami nautici e bancari, sino al tentativo finito male di Italia Futura, col quale sognava una escursione in politica, oltre all’avventura ferroviaria con Ntv. Parallelamente, ha messo in contatto Etihad con Alitalia, opzionando la carica di presidente che nelle sue intenzioni avrebbe potuto condividere con quella di numero 1 della Ferrari. Cose che, secondo alcuni, lo hanno distratto da quanto accadeva nelle corse, tanto da mandar via Aldo Costa, che oggi è il perno dei trionfi Mercedes, e aver allontanato Stefano Domenicali nel momento in cui questi stava per chiudere due contratti che avrebbero dato una svolta ai risultati sportivi: il primo, difficile e in discussione, con Adrian Newey. Il secondo, praticamente già fatto, con l’ingegner Andy Cowell, il capo delle power unit Mercedes.

Successore Che però siano stati questi dettagli a provocare la rottura non è affatto dimostrato. John Elkann e Marchionne volevano un cambiamento e poco conta il pretesto, perché comunque, dopo 23 anni, qualsiasi rapporto si logora e può finire. Montezemolo se ne va con tante gioie e risultati di bilancio invidiabili, specialmente in momenti di crisi come questi. E’ stato un condottiero autoritario, con qualche deriva dittatoriale e zero tolleranza alle critiche. Abile a muoversi nel mondo della finanza e della politica, eccezionale nel promuovere il marchio Ferrari negli ambienti giusti. Sarà difficile, in tal senso, trovare uno come lui, tanto creativo e poliedrico. Lo sa bene Marchionne, che dovrà provvedere quanto prima. Con la partenza di Montezemolo si chiude infatti un’era, un mondo, un’atmosfera, un salotto. E il più grande errore che si potrebbe fare ora è quello di cercare di replicare, o imitare, un personaggio che, nel suo genere, resterà unico.