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 2014  settembre 11 Giovedì calendario

DEFICIT, PARIGI SFORA E CHIEDE PIÙ TEMPO ANCHE L’ITALIA POTREBBE APPROFITTARNE


PARIGI La Francia non ha fatto i compiti a casa. Il ministro dell’Economia André Sapin ha preferito non aspettare il voto della legge di Bilancio tra due settimane e ieri ha «detto la verità» alla Francia e (soprattutto) all’Europa: no, il deficit pubblico non tornerà al 3% nel 2015 ma (si spera) nel 2017. Peggio: per ora, non solo il deficit non diminuisce, ma aumenta, sarà a 4,4 nel 2014 contro 4,3 l’anno scorso. E le brutte notizie non finiscono qui: la crescita non sarà come da previsioni governative dell’1%, ma di un magro 0,4 e infine niente ossigeno ai prezzi e alla crescita, l’inflazione non riparte ma resterà impietosamente sotto l’1%. Per la terza vota in due anni, la Francia si trova costretta a rinviare l’obiettivo del 3% imposto dai trattati europei.
LO SCENARIO
Nessuna richiesta ufficiale è per ora stata inviata a Bruxelles, dove ad accoglierla ci sarà il neo commissario all’Economia Moscovici, lo stesso che nel 2013, da ministro dell’Economia, aveva chiesto e ottenuto di rinviare l’obiettivo 3% al 2015. Nessuno dubita che la Commissione accetterà: i parametri dell’economia francese sono troppo sballati per immaginare un veloce ritorno all’ortodossia. Certo il precedente è a rischio: la flessibilità s’impone di fatto nel cuore d’Europa, a Parigi. Se nessuna procedura d’inflazione sarà aperta nei confronti dell’indisciplinata Francia, un pericoloso precedente verrebbe a incoraggiare il fronte della crescita che, a cominciare dall’Italia, denuncia un’austerità sempre più sanguisuga delle economie nazionali e una necessità sempre più pressante di rallentare i ritmi di riduzione dei deficit. Non a caso, meno di due ore dopo le confessioni di Sapin, da Berlino, è arrivata la prima stoccata dal fronte dell’ortodossia di bilancio. Vantando conti pubblici da dieci e lode, la cancelliera Angela Merkel si è detta «orgogliosa» delle sue finanze e ha invitato tutti a «rispettare finalmente le regole» e a farla finita con «il finanziamento a credito dell’economia». «E’ necessaria una stretta disciplina sul fronte delle spese» ha detto la Merkel, inaugurando, se mai ce ne fosse bisogno, un periodo di nuove tensioni tra Parigi e Berlino. Sapin si è affrettato a far sapere che la Francia non chiede «nessuna deroga». Come al solito, il governo francese invoca i criteri di «eccezionalità» che anche i trattati prevedono per giustificare lo sforamento dei parametri. Il ministro ha infatti, in meno di mezz’ora, insistito più volte sulle «circostanze eccezionali», il carattere «inedito» della congiuntura che ha «fatto saltare» tutte le previsioni, in particolare «la mancanza di crescita nella zona euro nel secondo trimestre».Vista la situazione, ha concluso Sapin, «non chiediamo di modificare le regole europee, non chiediamo la loro sospensione né alcuna eccezione». Se gli analisti scommettono sulla «comprensione» della nuova Commissione di Junker, che insediandosi ha promesso di voler dare «un nuovo slancio all’Europa», ritengono però, come Jérome Creel dell’Osservatorio francese delle congiunture economiche, che «la Commissione non autorizzerà la Francia, né nessun altro a deviare dalla traiettoria» dei trattati. L’obiettivo resta lo stesso, anche se si potrà raggiungere un po’ più tardi. Ovvero, un colpo alla flessibilità e uno al rigore, flessibili sui tempi, ma rigorosi sugli obiettivi. Che di fatto rendono impossibile allentare la borsa per investimenti e aiuti alla crescita. La Commissione ha infatti ieri immediatamente chiesto alla Francia «misure credibili» per ridurre il deficit e promesso un’accurata analisi del suo bilancio per il 2015. La Francia «non cambia rotta e confermiamo il nostro impegno per la serietà del bilancio» ha rassicurato il portavoce del governo Le Foll. Ma il rischio è l’ennesima quadratura del cerchio, far tornare la crescita e realizzare nello stesso tempo i 50 miliardi di economie previsti in tre anni (di cui 21 nel solo 2015). Senza contare che per compensare il rallentamento dei prezzi, 2 miliardi supplementari saranno necessari. «Il controllo della spesa è una necessità - ha detto Sapin - e noi realizzeremo l’obiettivo di 50 miliardi di economie entro il 2017».