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 2014  settembre 11 Giovedì calendario

SOLISTI E LADRI, QUELLA SFIDA TRA «VIRTUOSI»


Peggio che con un figlio piccolo. Neanche un istante si può lasciare da solo un violino, e non c’è bisogno che sia uno Stradivari costato milioni e milioni. I ladri di strumenti più o meno preziosi sono sempre in agguato. Furti «mirati» e furti casuali. Pensiamo a quello dello Stradivari Lipinski 1715 (valore: 3,5 milioni di dollari) rubato nel gennaio di quest’anno a Frank Almond, primo violino della Milwaukee Symphony Orchestra, aggredito con uno storditore elettrico mentre tornava alla macchina dopo un concerto. L’anno scorso è stato ritrovato uno Stradivari 1696, dopo tre anni di «sparizione»: la sua proprietaria, la violinista coreana Min-Jin Kym era a Londra, alla stazione di Euston, mangiava un panino a un chiosco, ha guardato un attimo il telefonino e...
Neanche in chiesa si può star tranquilli: lo scorso aprile, un solido Hornsteiner 1804, plasmato con i legni di Mittenwald, è stato rubato al violinista Damiano Bordoni nel Duomo di Novara. Il maestro aveva appena concluso la «Passione secondo Giovanni» e aveva appoggiato lo strumento in una sala della Cattedrale...
Il colmo della sfortuna è toccato a un virtuoso eclettico come Luigi Alberto Bianchi: nel 1980 gli rubano una viola Amati 1595, la «Medicea», rompendogli il finestrino della macchina, lasciata in piazza Scala a Milano (happy end: i Carabinieri l’hanno recuperata nel 2006); nel ‘98, i ladri gli svaligiano anche la casa a Roma, trafugando uno Stradivari, il «Colossus» 1716...
Lo Stradivari Gibson 1713 oggi suonato dal giovane statunitense Joshua Bell ha una storia curiosa: rubato nel 1936 in un camerino della Carnegie Hall (il proprietario, il violinista Bronisław Huberman era in scena e stava suonando... un altro violino, un Guarneri 1731), è riemerso solo nel 1985, riconsegnato alla polizia dalla vedova del ladro, violinista di strada...
Ma il caso più avventuroso è quello occorso al francese Pierre Amoyal e al suo Stradivari Kochanski 1717, appartenuto allo Zar Nicola II. È il 15 aprile 1987. Amoyal si trova a Saluzzo per una masterclass. «Arrivo davanti all’hotel con la mia macchina, — racconta nel suo libro «Pour l’amour d’un Stradivarius» —. Non trovo parcheggio, mi metto in seconda fila. Col mio violino in mano corro nella hall, dove mi aspettano le mie valigie. Appoggio il giubbotto su una sacca, e sopra le chiavi dell’auto. Non lascio il violino neanche per un istante. Ho tante borse da sistemare, ma per primo mi occupo del mio amico Kochanski, che adagio sul sedile posteriore. Torno nella hall, prendo il giubbotto, cerco le chiavi, corro verso la macchina, credendo di averle lasciate dentro. Il ladro è già al volante, il motore ruggisce, la Porsche schizza via»... Il ladro voleva solo il bolide?
«On a volé non âme», «Mi hanno rubato l’anima», piange Amoyal nelle interviste di quei mesi. È così: per un violinista lo strumento non è solo «strumento», non è soltanto la carriera, è la sua voce, una parte di sé, e la sua perdita è come un’amputazione. «Come se avessero rapito mia figlia», dice il maestro. Salvatore Accardo, con grande nobiltà, gli presta uno dei suoi violini, lo Stradivari «Uccello di Fuoco». Ma Amoyal non si rassegna. Si trasferisce in Italia, ingaggia investigatori privati. Dopo due anni di silenzio, i «rapitori» emergono dall’ombra e chiedono tre miliardi di lire di riscatto (lo riporta «Le nouvel observateur»). Intanto, il ladro della Porsche viene trovato torturato e ucciso, forse dai complici. Altri mesi di indagini, la traccia di una fotografia e poi il colpo finale: l’8 aprile 1991, un blitz dei Carabinieri blocca la Mercedes dei rapitori mentre stanno trasferendo l’ostaggio in un altro nascondiglio. Lo Stradivari è salvo, Amoyal ritrova la sua anima...