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 2014  settembre 11 Giovedì calendario

ALONSO E UN NUOVO MOTORE I PRIMI NODI DA RISOLVERE


DA UNO DEI NOSTRI INVIATI MARANELLO — Per Sergio sono stati l’arma più affilata per colpire, o — se si preferisce — il pretesto per spiegare un addio già scritto, ma per altri motivi. Per Luca restano una ragione d’orgoglio, fonte di ricordi indimenticabili («Quella volta che l’avvocato Agnelli pianse al telefono»), al massimo fonte di qualche rammarico («Sarei un pazzo se non ne avessi. Per esempio abbiamo sottovalutato la complessità dei nuovi motori»). I risultati della Ferrari in pista: tu chiamale, se vuoi, «incomprensioni». Perché nel cuore di un passaggio epocale, tra la quotazione a Wall Street e la necessità di gestire una successione «pianificata», «Sergio e Luca» (come si chiamano tra loro) si sono ritrovati a parlare del motore di Alonso rotto a Monza («Non succedeva dal 2009 e di sicuro non ha aiutato», il commento di Montezemolo), e di titoli che al Cavallino mancano da sei anni. E che andranno rivinti al più presto. Già, ma come?
Sergio Marchionne fa sì l’applauso per i 19 Mondiali e i 137 Gp vinti da Luca di Montezemolo, ma poi ribadisce (appena più velatamente) quanto detto a Cernobbio: «Bisogna dare credibilità alla Ferrari in pista, sono fissato. Bisogna tornare lì. Questo darebbe un sostegno al resto della Ferrari, e va oltre ad ogni tipo di vettura che possiamo fare. Vincere in pista non è negoziabile. Ma non ho il minimo dubbio che ci riusciremo. Arrivare secondi non fa bene alla Ferrari». E quindi, visto che in F1 si va veloci, bisogna già pensare a come cambierà la Scuderia nell’era Marchionne. Intanto, la considerazione in cui l’a.d. di Fiat-Chrysler tiene la F1 fa pensare che non mancheranno gli investimenti: ieri è apparsa la consapevolezza che, negli ultimi anni, sarebbero stati necessari sforzi maggiori: «Faremo tutto quello che è necessario, anche a livello di risorse, per tornare a vincere». Per adesso non sono previsti ribaltoni. «Per la gestione sportiva — ha chiarito Marchionne — c’è Marco Mattiacci. Non mettiamo in dubbio i ruoli, queste non sono le elezioni. Mattiacci è il capo, basta». Però il nuovo team principal siede su una poltrona davvero scomoda: è stato scelto da Montezemolo e, anche se è gradito a John Elkann, per i nuovi responsabili cambiare non significherebbe sconfessarsi. Marchionne sa bene che «questa non è una grande stagione e bisognerà mettersi l’animo in pace», perché «c’è un problema di motore, c’è un cantiere aperto», ma ha tutta l’aria di non essere uno che aspetterà a lungo di vedere risultati. «Se ci saranno novità le comunicheremo» è poi una frase che fa sempre alzare le antenne.
Il vero nodo da risolvere si chiama Fernando Alonso, anche se forse si risolverà da solo grazie ai vincoli del contratto che lega lo spagnolo, fino al 2016 compreso, al Cavallino: Fernando è da tempo scontento per l’assenza di risultati, ma per liberarsi deve essere d’accordo anche la Ferrari, oppure deve smettere di correre. Però, non a caso, ha smesso di parlare di rinnovo: la trattativa (aveva chiesto un adeguamento di stipendio da 18 a 30 milioni) si è arenata e ora lo spagnolo è confuso. Anche perché gli viene a mancare un altro punto di riferimento: Emilio Botin, il presidente di Santander scomparso ieri, l’uomo che sponsorizzò il suo arrivo alla Ferrari (a medio-lungo termine, la morte di Botin potrebbe avere effetti anche sul rapporto commerciale con il team, anche se la figlia Ana, nominata a succedere al padre, resta vicina alla famiglia: tanto che era presente all’anniversario di matrimonio di John). Insomma, Marchionne dovrà subito «riconquistare» Alonso perché lo spagnolo non può rimanere due anni da scontento; in caso contrario, a Maranello punterebbero su Sebastian Vettel.
Ma chi conosce bene la F1 sa che l’instabilità non aiuta una squadra che ha bisogno di tornare sul mercato: vale per i piloti, vale anche per i tecnici. Mesi fa, qualche importante trasferimento già fatto è sfumato (Andy Cowell, area motori Mercedes) o si è reso più difficile (Adrian Newey, genio dell’aerodinamica) con l’uscita di scena dell’ex team principal Stefano Domenicali. Lo stesso potrebbe accadere ora. Infine, la F1 è lo sport più politico che esista: Mattiacci, arrivato solo ad aprile, era seguito da vicino da Montezemolo. Ora è vero che Marchionne ha chiarito che «non è che mi preoccupi tanto trattare con Ecclestone o Todt, ne ho avute di trattative difficili», però è impensabile che sia altrettanto presente. Insomma, le sfide non mancano.