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 2014  settembre 11 Giovedì calendario

DIECI ANNI (VISSUTI) IN BILICO RICORDI E CONSIGLI INASCOLTATI


Forse era inevitabile: tante frasi, battute, «spallatine», ammiccamenti e ricordi spesi ieri nella conferenza stampa comune di Sergio Marchionne e Luca Cordero di Montezemolo hanno rivelato una distanza che sembra avere radici prima ancora nei caratteri diversi che nei fatti, recenti e non, che hanno portato alla rottura e alla «fine di un’epoca».
Sorride e si lascia «sballottare» Marchionne quando Montezemolo sottolinea che è stato Enzo Ferrari a chiamarlo nel 1973: «Mi dice: avrei bisogno di un giovane come lei perché sono troppi anni che non vinciamo in Formula 1. Molti di più che dal 2008 a oggi», rimarca facendo riferimento alle dichiarazioni di Marchionne a Cernobbio. «Sono i corsi e ricorsi della storia», aggiunge, come a voler ribadire che lui la «sua vicenda professionale» non l’avrebbe chiusa ieri. E sorride pure Montezemolo quando l’amministratore delegato di Fiat-Chrysler si sofferma sui «consigli»: «Luca me ne dà da quando lo conosco, dal tipo di macchina che devo guidare, consigli che ho seguito, al vestito da indossare, che non ho seguito, fino ad altri dettagli che non vi riferisco». E Luca: «Anche in quelli non mi ha seguito». Però ritorna sul capitolo auto: «Quando ho conosciuto Sergio gli ho fatto vedere una bellissima Ferrari e lui mi ha risposto “io ho un’Audi quattro ruote motrici...”, poi ha cambiato idea». E Marchionne questa volta ride: «Completamente convertito». È serio invece l’amministratore delegato di Fiat-Chrysler quando si parla della buonuscita: fa riferimento al comunicato, diffuso in serata. Mentre Montezemolo non si lascia scappare l’occasione per una battuta, anch’essa per la verità più seria che umoristica: «Fiat sappia che è sempre troppo poco». E ancora: sulla «americanizzazione» della Ferrari, frase-sfogo riferita a Montezemolo. Marchionne ha ribadito che «Ferrari è nata e morirà italiana». E Montezemolo ironizza»: «La vera americanizzazione» è il modello in 10 esemplari per il mercato Usa che sarà presentato proprio il 13 ottobre, giorno della quotazione di Fca a Wall Street e dell’addio del presidente Ferrari, supercar e che costerà 2,5 milioni.
Scambi e battute che raccontano molto del «decennio comune». «Nel 2003», lo ha ricordato Marchionne, «Luca e io siamo stati nominati lo stesso giorno consiglieri di amministrazione della Fiat. Un anno dopo siamo diventati presidente lui e io amministratore delegato. Abbiamo lavorato insieme nei primi anni condividendo preoccupazioni, problemi e successi». All’inizio vivono fianco a fianco comunque uno dei momenti più «neri» del gruppo del Lingotto. La morte di Umberto Agnelli, i conti in forte rosso, l’uscita di Giuseppe Morchio. Maranello e la Ferrari, dove Montezemolo è diventato presidente e amministratore delegato nel 1991, rappresentano in ogni caso un «mondo a parte». Uno dei brand più famosi al mondo, dal Duemila tornata Campione del mondo di Formula 1 con Michael Schumacher, la Rossa è il «regno» di Montezemolo («assieme alla famiglia la cosa più importante della mia vita» ha detto ieri). Il bilancio che nel ‘91, anno del suo arrivo al vertice, si chiude con 329 milioni di ricavi e 12,1 di utile lievita: nel 2008 il fatturato è a quota 1,94 miliardi e i profitti sono a 230 milioni; nel 2013 le vendite sono cresciute a 2,3 miliardi e l’utile è pari a 246 milioni.
Il decennio concluso con la «rivoluzione americana», che comunque sarà dai due condivisa nella giornata «clou» del 13 ottobre, sebbene con significati e prospettive diverse, segna simmetrie (come la volontà di giocare le proprie partite da protagonisti) e distanze nei caratteri che in alcuni momenti si rivelano anche pubblicamente. Come nell’ottobre 2007, per esempio, quando il Lingotto di Marchionne e di Montezemolo, presidente dalla primavera 2004 anche di Confindustria, anticipa ai dipendenti un aumento su un contratto nazionale bloccato da aspetti normativi. E l’annuncio, coincidenza storica vuole, viene dato proprio a Maranello dove, sede insolita, si svolge il consiglio di amministrazione del gruppo, con John Elkann vicepresidente.
Ma l’aspetto che forse più caratterizza il percorso comune è la consolidata autonomia di Maranello. Montezemolo «è» la Ferrari, nel carattere, nei modi glamour, nel look e nel suo modo di rappresentarne il brand worldwide. La distanza è sempre più evidente dalla «severità» del capo-aziende che persegue la fusione in America e che sa bene che il Cavallino Rampante, fiore all’occhiello, gioiello della corona, contributore significativo ai ratio di redditività, non può presentarsi «opaco» in pista. «Si deve tornare a vincere — ha detto il neo presidente Marchionne — perché è nel nostro Dna, siamo capaci di farlo». Le «incomprensioni» , come diplomaticamente vengono definite le divergenze, esplodono. Lo dice Montezemolo: «il ritiro di Alonso a Monza con l’unico motore rotto nella stagione non ha aiutato». Anzi: ha chiuso il decennio comune e per la Rossa l’epoca di Re Luca.