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 2014  settembre 10 Mercoledì calendario

BOCCIATI IN INGLESE LO PARLA BENE, SOLO IL 21% DEI DOTTORI

Matteo Renzi, nel suo intervento alla manifestazione Digital Venice, se l’era cavata con qualche scivolone, subito sottolineato dai suoi detrattori. Cambi partito politico ma l’inglese non migliora. A Bruxelles, per discutere di Frontex Plus, la lingua di Shakespeare ha messo in difficoltà anche il ministro dell’Interno Alfano.
Italiani bocciati in inglese? Sembra di sì: secondo il sito Language Knowledge, che misura il livello di conoscenza degli idiomi nell’Unione Europea, lo parla solo il 13,74% della popolazione italiana. Va un po’ meglio tra chi ha un’età compresa tra i 15 e i 34 anni: 19%. Il consorzio Almalaurea certifica che solo un laureato su cinque nel 2013 sa esprimersi fluentemente in inglese (21%), «anche se dal 2000 a oggi le situazione è migliorata», come osserva il direttore Andrea Cammelli.
A rendere l’inglese più familiare aiutano i soggiorni all’estero e l’Erasmus, ma partecipa a programmi di studio oltreconfine solo il 7% degli studenti di lauree di primo livello, il 14% per le magistrali. «Non serve insegnare l’inglese. Bisogna insegnare in inglese e vincolare i risultati scolastici alla competenza nella materia», rilancia Carlo Carraro, rettore di Ca’ Foscari a Venezia, l’ateneo dove si insegnano più lingue in Europa: 40.
Quest’anno dovrebbero partire gli insegnamenti in lingua di almeno una materia nell’ultimo anno delle superiori. Ma a Torino si fa fatica a trovare gli insegnanti che hanno frequentato i corsi abilitanti. Nel 2012, quando il Politecnico di Milano annunciò che dal 2014 l’inglese sarebbe stata l’unica lingua nelle lauree di secondo livello e nei dottorati, alcuni docenti fecero ricorso al Tar. Ma oggi praticamente tutti i corsi dell’ateneo possono essere seguiti in lingua straniera.
Manca l’inglese nella vita di tutti i giorni. In Italia i programmi tv sono tutti in italiano, tranne alcuni episodi di cartoni animati come Peppa Pig o Dora l’esploratrice. «Non chiudiamo gli occhi: business, tecnologia e il mondo in generale parlano in inglese», rimarca ancora Carraro, che a Venezia ha introdotto la conoscenza base dell’idioma come requisito fondamentale per l’accesso a tutti i corsi di laurea.
Consola che francesi e spagnoli siano sulla stessa barca. E che cinesi e giapponesi notoriamente non amino esprimersi nella lingua della Regina. «Ma lasciate stare Renzi. È vero, la sua non è una pronuncia perfetta, però il discorso era efficace», conclude Carraro.
Lorenza Castagneri