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 2014  settembre 10 Mercoledì calendario

LE RIFLESSIONI DI UN GENIO SULLA VITA E SULL’AMORE ORA SONO A GOOGLE CITY

La rivoluzione tecnologica dei nostri anni ci promette di racchiudere interi universi del sapere nella Grande Memoria a cui attingere con un clic del computer. Situazione affascinante. Ma il virtuale sostituirà del tutto il reale? Così mentre si diffonde la notizia della digitalizzazione delle carte di Tolstoj, tra cui i Diari, non posso non pensare a un servizio del telegiornale di pochi giorni fa in cui si vedeva la casa di Manzoni, quella vera nel centro di Milano, preda delle muffe e del degrado e naturalmente priva di adeguati sostegni. Oggi la casa degli scrittori è diventata Google City.
L’unico aggettivo che si addice a Tolstoj è immenso: è immenso nei romanzi per qualità e ampiezza e lo è anche nella vita di cui i Diari sono un riflesso, un sismografo eloquente anche se non costante perché lo scrittore cominciò a tenerli quando era molto giovane e smise quattro giorni prima di morire, ma con intervalli piuttosto lunghi. Un’ampia scelta l’ha pubblicata Garzanti nella traduzione di Silvio Bernardini e con una prefazione di Serena Vitale. Dunque nel 1847, poco meno che ventenne, Tolstoj si interrogava sullo scopo della vita e giungeva sempre alla stessa conclusione: «È l’impiego di tutte le possibili facoltà per lo sviluppo di tutto l’essere». Per raggiungere una meta così impegnativa stabiliva una serie di regole a cominciare dal decidere bene che cosa fare ogni mattina e non allontanarsi dalla decisione presa anche a costo di riceverne un danno. La seconda regola è un po’ buffa: «Dormi il meno possibile ». Secondo Tolstoj il sonno è il momento in cui non possiamo esercitare la nostra volontà e dunque va limitato al massimo. In quegli anni giovanili Tolstoj è drastico anche sull’amore e anche qui stabilisce delle regole. La prima dice: «Stai lontano dalle donne». Qualche anno dopo, nel novembre del 1851, confesserà di non essersi mai innamorato di una donna. «Un forte sentimento simile all’amore l’ho provato solo quando avevo tredici o quattordici anni, ma non voglio credere che quello fosse amore, perché l’oggetto era una grassa cameriera». Invece nel gennaio del 1852 dirà senza pro- blemi di essersi innamorato molto spesso degli uomini, «ma non mi è mai venuto il pensiero della possibilità di una relazione». Casti amori, dunque, o forse solo una forte ammirazione che si sente anche nei romanzi più celebri per alcuni personaggi.
Ma facciamo un piccolo passo indietro. Nel settembre 1851 Tolstoj ricorda di aver appena compiuto 23 anni: «Contavo molto su questa data, ma purtroppo rimango lo stesso: in pochi giorni ho fatto in tempo a rifare tutto quel che ritenevo sbagliato. Cambiamenti radicali sono impossibili. Ho avuto donne. Sono stato debole in molti casi: nei semplici rapporti con la gente, nel pericolo, nel gioco e sono stato come sempre preda di false vergogne. Ho detto molte bugie».
Non mancano, naturalmente, i giudizi letterari. Il 2 gennaio 1852 annota: «Ogni scrittore ha in vista una classe particolare di lettori ideali per la sua opera. È necessario definire chiaramente a se stessi le esigenze di questi lettori ideali e, se nella realtà esistono, in tutto il mondo, solo due di tali lettori, scrivere solo per loro». Il 2 settembre dello stesso anno annota: «Che bellezza David Copperfield » , mentre non è altrettanto lusinghiero il giudizio sulla Figlia del capitano di Puškin. «Be’ devo riconoscere che ora come ora la prosa di Puškin è invecchiata ; non per lo stile ma per la maniera di raccontare… I racconti sono, mi vien da dire, nudi». Non ha simpatia per Turgenev e lo scriverà nel diario in modo esplicito: «Ha organizzato la propria vita in modo stupido… Tutta la sua vita è una finzione di semplicità. E lui mi è decisamente antipatico ». La religione ha un posto molto importante. Nel marzo del 1855 troviamo questa nota: «Oggi mi sono comunicato. Ieri discorsi sulla fede e divinità mi hanno suggerito un’idea grande, enorme, alla cui realizzazione mi sento di consacrare la vita: la creazione di una nuova religione corrispondente allo sviluppo dell’umanità, la religione di Cristo, ma ripulita della fede e dei miracoli, una religione pratica che non prometta la felicità futura ma dia agli uomini la felicità sulla terra». Per la sua eterodossia, Tolstoj, come si sa, fu scomunicato.
Lo scrittore viaggiò molto. Ci limitiamo ad una “cartolina” dalla Svizzera, molto lodata per i paesaggi. «In tre mesi ho visto molti svizzeri in uniforme, e non ne ho mai visto uno sobrio». Nel febbraio del 1887, dunque già in età matura e con i grandi romanzi alle spalle, si interroga sullo scopo della vita umana: «E la ragione stessa dimostra che non c’è risposta».
Morirà il 3 novembre del 1910. Molti anni prima aveva, sempre nei Diari, redatto una sorta di testamento in cui chiedeva una sepoltura umile e la rinuncia per gli eredi ai diritti provenienti dai suoi libri. Guardandosi intorno non sempre apprezzava i prodigi della tecnica. Il 21 giugno del suo ultimo anno di vita aveva scritto: «Il cinematografo è una porcheria, una falsità».
Paolo Mauri, la Repubblica 10/9/2014