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 2014  settembre 10 Mercoledì calendario

GIULIANI E QUEI REDUCI DEGLI ANNI DI PIOMBO LEGAMI MAI SPEZZATI TRA ESTREMISMO E CRIMINE


ROMA — I primi reati accertati risalgono al 1977. Da allora è cominciato un rosario di accuse e condanne che spaziano dal furto alla ricettazione, dalla rapina al sequestro di persona passando per lesioni, banda armata, detenzione e fabbricazione di documenti falsi. È il curriculum criminale di Egidio Giuliani, 59 primavere compiute a maggio, riassunti in un cumulo di pene pari a 23 anni di galera. Finiti di scontare, grazie a tre anni di liberazione anticipata e tre di indulto, nel novembre 2007. Da allora era un uomo libero, che adesso si ritrova nuovamente in carcere per un omicidio, una storia dai contorni certamente più ampi di quelli che inquirenti e investigatori sono riusciti a disegnare finora.
In attesa che si chiariscano le zone d’ombra, l’arresto dell’ex sovversivo «nero» Giuliani per il delitto Fanella conferma una volta di più la tendenza al riciclaggio nella delinquenza comune di una quota di ex terroristi, soprattutto di destra. Che già ai tempi della militanza politica non disdegnavano rapporti con il crimine senza colore che puntava ai soldi anziché alla rivoluzione, e una volta abbandonata l’ideologia hanno proseguito su quella strada. Qualunque cosa ci sia dietro il fallito rapimento degenerato in omicidio dell’ex «cassiere» di Gennaro Mokbel (imprenditore con vecchie frequentazioni nell’estremismo nero divenuto protagonista di altre vicende illegali), il coinvolgimento di Giuliani conferma la continuità tra passato e presente di una certa manovalanza cresciuta durante gli «anni di piombo» e tuttora in attività per altri scopi. Spesso al servizio di affari e interessi più grandi.
Quand’era un giovane neofascista, più che ai Nuclei armati rivoluzionari Egidio Giuliani fu vicino a Costruiamo l’azione e Movimento politico rivoluzionario, gruppi che si mescolarono ai Nar in qualche omicidio e altre iniziative, ma con l’idea particolare di amalgamare l’estremismo di destra e di sinistra per destabilizzare il sistema. Uno dei leader era Sergio Calore, che poi si pentì, fece arrestare molti complici, tornò libero, sposò una ex brigatista rossa (anche lei pentita) e finì ammazzato a picconate nel 2010, nella campagna laziale: una vicenda mai chiarita, che però non ha mostrato il coinvolgimento dell’ex terrorista in nuove trame criminali.
Nel 1989 Giuliani si trovava in carcere a Roma, e i carabinieri scoprirono un piano per farlo evadere ideato proprio da lui: dalla sua cella acquistava gigantesche torte profiteroles, nelle quali alcuni suoi amici dovevano nascondere lame ed esplosivo da utilizzare per scappare da Rebibbia. Tra le persone che dovevano contribuire alla fallita evasione c’era Antonio D’Inzillo, coinvolto nel 1979 (ancora minorenne) nell’omicidio politico di un giovane scambiato per un avvocato che doveva «pagare» l’arresto del killer nero Pierluigi Concutelli, e nel 1991 in quello di malavita di «Renatino» De Pedis, boss della banda della Magliana. Un altro esempio di salto (mortale, nel caso di D’Inzillo, visto che le cronache hanno riferito del suo decesso in Kenya qualche anno fa) da un genere di criminalità all’altro.
Al tempo in cui tentava di scappare Giuliani era coimputato di Emanuele Macchi di Cellere, qualche quarto di nobiltà sacrificato alla militanza nelle sigle armate neofasciste che gli valse sedici anni trascorsi dietro le sbarre. Tornato in libertà, Macchi ha preferito definirsi anarchico ma senza rinnegare il legame con Concutelli del quale si prese cura nel 2011 quando il terrorista nero (assassino del magistrato Vittorio Occorsio, nonché dei camerati Buzzi e Palladino strangolati in galera) ottenne la sospensione della pena. In quell’occasione tornò in contatto con Giuliani, che pure contribuì ad assistere Concutelli. L’anno successivo però, Macchi finì nuovamente in cella, arrestato nell’ambito di un’operazione antidroga della Procura di Genova che portò al sequestro di oltre un quintale di cocaina. E ieri è toccato al suo vecchio amico Egidio.
Ai poliziotti della Squadra mobile di Roma che l’hanno arrestato per il delitto Fanella, Giuliani ha fatto capire che non è nel suo stile collaborare con gli inquirenti. Chissà se prima o poi proverà a spiegare come mai la sua impronta digitale era sul finto documento della Guardia di Finanza con il quale gli assassini si sono fatti aprire la porta di casa della vittima. Negli anni delle bande armate lui e il suo gruppo erano bravi a fabbricare carte d’identità e patenti false; li distribuivano a neri, rossi e banditi di strada senza fare troppe domande, ma dietro lauti pagamenti. Almeno questo dissero quelli che smisero di comprarne da loro, perché non si fidavano. Una volta chiusi i conti con la giustizia, invece, è stato tra i soci fondatori di una cooperativa di ex detenuti a Novara dove convivono ex terroristi di destra e di sinistra.
«Il nostro obiettivo è quello di favorire occasioni di lavoro e il reinserimento sociale, le differenze restano ma non sono di ostacolo», dice l’ex brigatista rossa Clara Clerici, una delle animatrici della cooperativa. E il presidente don Dino Campiotti, che è pure responsabile della Caritas Diocesana, racconta: «Egidio Giuliani è una persona di grande carisma, molto coinvolgente. Si occupava di informatica, un settore che come altri nell’ultimo periodo ha risentito della crisi; a giugno s’è messo in cassa integrazione e ha detto che andava a trovare sua madre in centro Italia. È sparito, lo cercavamo per fargli firmare dei documenti ma non ha mai risposto al telefono, come se avesse ricominciato a fare il latitante. Stamattina ho sentito la notizia dell’arresto. Mi dispiace, chissà che cosa l’ha spinto a rientrare in quel giro, dopo tanto cercere scontato». È quello che si stanno chiedendo i magistrati e gli investigatori, per risolvere un delitto ancora misterioso.