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 2014  settembre 10 Mercoledì calendario

UNA CRISI COSÌ FORTE NEANCHE NEGLI ANNI 30 LA DRAGHINOMICS E LA CADUTA DEI CONSUMI


C’è la Draghinomics, così battezzata dal Financial Times. E c’è l’anti-Draghinomics, tratteggiata dal centro di studi economici Nomisma in uno studio che verrà reso pubblico oggi. Se il governatore della Banca centrale europea Mario Draghi sostiene che le politiche monetarie e di bilancio espansive non funzionano se non sono precedute da riforme strutturali, Sergio De Nardis, capo economista del think-tank bolognese, dice al contrario che «le riforme strutturali non possono essere considerate lo strumento di politica economica adatto per risollevare in modo efficace la domanda in economie depresse».
Di più. A suo avviso, l’Eurozona è di fronte a «due agende di politica economica» che, «in condizioni di economia depressa, possono entrare in conflitto»: da una parte le riforme, dall’altra, «improcrastinabile», un’azione di stimolo che vada al di là dei vincoli europei, che egli ritiene abbiano provocato «una pericolosa trappola di stagnazione e deflazione».
Il capo economista di Nomisma spiega innanzitutto che la crisi in cui si dibatte l’Italia è peggiore della Grande Depressione degli Anni Trenta. Allora, il Prodotto interno lordo pro-capite recuperò il livello precedente la crisi in otto anni, nel 1937; «nella situazione corrente, nell’ottavo anno (2015) il Pil pro-capite reale sarà un buon 10% sotto i valori pre-crisi». Questa constatazione, che è un modo di leggere la recessione, per De Nardis «ha una sola causa: la drastica caduta della domanda aggregata». E dice che «non devono esserci dubbi», oggi «non c’è insufficienza di offerta»: secondo le sue stime, la differenza tra la bassa domanda e la non carente offerta «può arrivare al 7-8%». La risposta — secondo questo approccio fortemente keynesiano — non sta solo in una politica monetaria estremamente espansiva (tipo quella che Draghi ha annunciato la settimana scorsa) e in una spesa pubblica che crei deficit indipendentemente dal Fiscal Compact europeo: sta anche nel mettere da parte la politica delle riforme tesa a rendere efficiente l’economia, o a rinviarla a quando le condizioni economiche punteranno alla ripresa.
L’analisi di Nomisma è dunque di radicale contrapposizione alle politiche perseguite dall’Eurozona; e diverge nettamente dalle indicazioni suggerite da Draghi in questi mesi, che mettono le riforme al primo posto. Al di là delle scuole economiche di pensiero — Draghi non può essere considerato a priori contrario a stimoli alla domanda — la divergenza di fondo sta nell’analisi della crisi. Che ci sia poca domanda, è un fatto. Una causa fondamentale, che De Nardis pare non considerare mentre altri la sottolineano, sta nel fatto che molti Paesi dell’Eurozona, quelli più in difficoltà, per anni non abbiano fatto riforme dopo l’entrata in vigore dell’euro. Tutti sapevano che, una volta stabiliti i cambi fissi, se non si fossero rese efficienti le economie ogni choc esterno — vedi la grande crisi — si sarebbe scaricato direttamente su occupazione, redditi e crescita. È esattamente quello che è successo.