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 2014  settembre 10 Mercoledì calendario

L’ETICA E IL «NERO» CHE CONTA

L’Istat ha effettuato una rivalutazione del Pil italiano relativo al 2011 di 3,7 punti (circa 60 miliardi), che lo porta da 1.580 miliardi a 1.639. Essa comporterà aumenti analoghi per gli anni successivi. In precedenti dichiarazioni l’Istat aveva previsto una rivalutazione fra 1 e 2 punti di Pil. È invece del doppio, addirittura superiore alla rivalutazione media europea. Fra l’altro si era scatenata una campagna moralistica contro l’inclusione nel Pil di attività come spaccio di droga, prostituzione e gioco clandestino, che peraltro hanno la controparte nel gioco di Stato e nei prodotti (para) medicali antidolorifici ed energetici legali. E si era criticata la considerazione di attività dell’economia sommersa. Ma la statistica deve registrare i fatti: conoscendoli si può agire meglio.
Le troppe imposte, le regole complicate sul lavoro, sull’edilizia, eccetera facilitano l’economia sommersa. La rivalutazione riguarda anche spese per la ricerca e altre non incluse sin qui. Pur essendo consistente, la nuova stima di Istat è comunque restrittiva e non può essere accusata di aver preso «lucciole per lanterne». Essa, perciò, prima che un significato tecnico, ha un profondo valore politico, perché aiuta a capire meglio molti aspetti dell’economia e della società italiana, assai diversa da quella di Portogallo, Grecia e Spagna, i «Pigs» a cui veniamo accomunati. L’Italia ha più benessere, risparmi e capitale. Stando meglio, facciamo più fatica a fare le riforme sagge. Ebbene, ora i consumi privati si rivalutano del 4%, gli investimenti di imprese e famiglie del 6,9%! Dunque, la nostra capacità di risparmio e investimento è molto più elevata di quel che sin qui risultava dalle statistiche ufficiali.
La spesa per la ricerca inclusa nel Pil viene valutata in 1,3 punti (20,6 miliardi); la tanto contestata inclusione delle attività criminali, è prudenziale: comporta una rivalutazione del Pil dell’1%, di cui lo 0,65 per droga, lo 0,35 per la prostituzione e lo 0,05 fra gioco clandestino e sigarette di contrabbando. Con i nuovi dati cambia anche la percentuale del Pil relativo al sommerso: prima stimato attorno al 10%, oggi viene calcolato all’11,5%, che resta comunque la metà di quello a cui lo valutano serie ricerche private. Ovviamente col Pil più alto si riduce il rapporto ufficiale fra pressione fiscale e Pil appunto, che scende dal 44% al 42,43%. Ma la pressione vera su chi paga le tasse è, come prima, superiore al 50%. E questo rimane il punto più negativo del rapporto fra cittadini e Stato.