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 2014  settembre 10 Mercoledì calendario

GAS E PETROLIO, IN GIOCO I GIACIMENTI DEL MARE DEL NORD


LO SCENARIO
ROMA E’ su petrolio e gas che si gioca la sfida economica tra Scozia e Inghilterra. Gli scozzesi guadagneranno di più (1.400 sterline l’anno come sostiene il Tesoro inglese) restando nel Regno Unito o uscendone (1.000 sterline l’anno) come affermano i separatisti? Nella contesa si esercitano fior di economisti ma la Bbc ha già deciso: «È praticamente impossibile», ha sentenziato la storica emittente, «conoscere quale dei due dati è quello corretto». Di sicuro, il perno di ogni dibattito in vista del referendum del 18 settembre gira intorno alla rendita petrolifera sui giacimenti nel Mare del Nord. Ma apre molte altre incognite: la questione della moneta e del debito pubblico; il destino dello stato sociale. E tutto questo sarebbe ancora secondario paragonato al trauma politico della frammentazione di un Stato tra i più antichi d’Europa e i più importanti del mondo, piaccia o no.
GAS E PETROLIO
Alex Salmond, premier scozzese e leader indipendentista, sostiene dunque che con la vittoria al referendum la Scozia (5,3 milioni di abitanti, l’8,3% del Regno Unito) sarà più ricca. Ha infatti un prezioso tesoretto su cui mettere le mani: le riserve petrolifere del Mare del Nord. E’ il famoso Brent, il greggio di riferimento su cui viene prezzato il 60% del petrolio mondiale, attualmente intorno ai 100 dollari al barile. Tutte risorse che Londra perderebbe dopo un cambio di legislazione reso necessario dal fatto che oggi la tassazione sui profitti del North Sea avviene sul reddito delle società (corporate tax e petroleum revenue tax) e non più sulle royalties abolite nel 2002. Senza modifiche legislative, sulle quali non sono da escludere contenziosi, i guadagni delle varie major (Bp, Shell,Exxon, Eni, etc), tutte con basi in Inghilterra, continuerebbero ad affluire a Londra. Ma, osserva Davide Tabarelli, presidente di Nomisma Energia, «se questo è l’obiettivo, allora Edinburgo avrebbe dovuto pensarci almeno dieci anni fa: il Regno Unito incassava tra tasse e diritti petroliferi 15 miliardi l’anno che oggi sono scesi a poco più di 8 miliardi. Con la separazione da Londra, 6-7 potrebbero andare alla Scozia».
Questa è la fotografia ad oggi: la produzione di greggio è scesa dai 3 milioni negli anni ’90 a 840.000 barili/giorno. Guardando al gas, invece, la produzione si è dimezzata rispetto al 2003, a quota 57 miliardi di metri cubi. Cifre destinate a ridursi per il lento declino dei giacimenti. «Incassare le entrate dal petrolio, osserva Marcello Colitti, economista ed ex manager Eni sin dai tempi di Enrico Mattei, sarebbe comunque un affare per gli scozzesi perché il Paese è piccolo, pochi gli abitanti. Se vincesse il no all’Unione, dagli idrocarburi potrebbe arrivare il 20% della ricchezza scozzese
EUROPA E MONETA
Il Pil 2013 del Regno Unito ha superato in totale 1.573 miliardi di sterline nell’anno fiscale 2012-13, la quota generata dalla Scozia sarebbe di 126 miliardi e potrebbe salire a 144 miliardi, secondo i calcoli scozzesi, attribuendole la “quota geografica” dell’84% sulle entrate da idrocarburi. Così il rapporto deficit-pil scenderebbe dal 14 all’8,3 per cento. Ma allo stesso tempo, la Scozia indipendente dovrebbe farsi carico di una maggiore spesa pubblica per finanziare lo Stato sociale e l’invecchiamento della popolazione con un aumento del deficit visto che oggi Edimburgo spende più di quanto incassa dalle tasse ed è l’Uk a coprire la differenza. E proprio su come spartire il debito pubblico tra Edimburgo e Londra è aperto l’altro grande contenzioso.
Resta l’incognita della moneta. La Scozia vorrebbe mantenere un’unione con la sterlina: una specie di «sterlinozona» sul modello euro oppure più informale, simile a come Panama fa con il dollaro. Londra lo esclude nel timore che in caso di crisi finanziaria del nuovo stato, sia costretta ad accollarsi i costi. La Scozia inoltre vorrebbe restare nella Ue, ma conservando la sterlina e restando fuori dell’area Schengen. Condizioni impossibili da accettare a Bruxelles.
STORIA E POLITICA
«Il trauma storico e politico di una separazione della Scozia dal Regno Unito», ammonisce tuttavia Giancarlo Aragona, presidente Ispi ed ex ambasciatore a Londra, «sarebbe equivalente se non addirittura superiore a quello economico perché la Gran Bretagna ne uscirebbe profondamente diversa dal Paese che abbiamo conosciuto per tre secoli. Io però non darei per scontata una vittoria: il rischio c’è, ma aspetterei di vedere come va a finire».