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 2014  settembre 10 Mercoledì calendario

SPARITI INSIEME DALLA COOPERATIVA: «CERCATECI SOLO VIA MAIL»


NOVARA Nessuno prende le distanze: «Certo che li conoscevamo. Giuliani è stato un fondatore della cooperativa Multidea, un uomo con grande carisma». La cooperativa a Novara dà lavoro a più di trenta ex detenuti: cura del verde pubblico, impianti elettrici, sistemi informatici. Professioni semplici per tentare una «vita normale» e mettere alle spalle l’etichetta di criminale. Un miracolo di buona volontà nato da un’idea di don Dino Campiotti, presidente della Caritas locale. Adesso il don è affranto: «E’ un grande dolore. Hanno arrestato due persone a cui volevo bene».
Nel cortile di Multidea le parole sono poche. Dai furgoni si scaricano macchine tagliaerba, fasci di fili elettrici, negli uffici si preparano le buste paga. Mani callose, sguardi imbarazzati. Giuliani e Larosa erano due di loro, e si sa come funziona: basta che sgarri uno e tutti, là fuori, sono pronti a proclamare che non c’è riscatto possibile, che il reinserimento è una chimera, se uno è stato criminale rimane criminale. E così la fatica, la speranza, la voglia di ricominciare rischiano di finire in niente.
MANCANZA DI FEELING
Egidio Giuliani aveva cominciato fra i primi, nel 2006, dopo decenni di galera. Don Dino lo aveva conosciuto allora: «Se la cooperativa è diventata quel che è diventata è stato anche per merito suo». Tutti sapevano del suo pedigree di terrorista di destra, ma questo è un posto dove le ombre del passato non prevalgono sulla voglia di guardare avanti. Giuseppe Larosa era arrivato più tardi: malavita torinese di spessore, nessuna etichetta politica. Si erano incrociati in carcere, ma non erano amici: «Non avevano un grande feeling».
AIUTO AGLI EX CAMERATI
Facevano mestieri diversi. Giardiniere Larosa; esperto informatico e poi elettricista Giuliani. Lavoravano spalla a spalla con ex rapinatori, ladri di polli, criminali di professione, sovversivi di destra e di sinistra. «Se c’erano talvolta delle tensioni non era certo per ragioni ideologiche». Giuliani ogni tanto parlava dei rapporti con ex camerati in difficoltà, per quel che se ne sa ad alcuni dava anche un aiuto economico. Almeno fino a poco tempo fa, perché di recente le commesse erano diminuite, i soldi scarseggiavano pure per lui.
A metà giugno i due avevano salutato tutti. Larosa s’era preso sei mesi di aspettativa: ufficialmente per ragioni di salute, e poi voleva andare un po’ dal figlio diciottenne che lavora in Germania. Giuliani s’era messo in cassa integrazione per tre mesi: poco lavoro, e voglia di stare con la madre, nel viterbese. Entrambi se n’erano andati consegnando il cellulare aziendale alla cooperativa: «Se dovete rintracciarci fatelo via e-mail». Nessuno s’era stupito, né aveva trovato strano l’allontanamento contemporaneo di Egidio e Giuseppe. Alla Multidea le persone vanno e vengono, partono e ritornano.
IRRINTRACCIABILE
Di Giuliani, fino alla notizia del suo arresto, avevano perso le tracce: «A fine luglio e fine agosto abbiamo provato a contattarlo per ricordargli che doveva firmare ogni mese i documenti della cassa integrazione. Niente». Larosa invece s’è fatto vivo con don Dino tre settimane fa: «Era venuto a trovarmi in parrocchia, sembrava tranquillo». Era tornato nel suo bilocale alla periferia di Novara senza l’urgenza di rientrare al lavoro: prima di andarsene aveva chiesto un anticipo sulla liquidazione, soldi che gi sarebbero bastati fino a fine anno, se la polizia ieri mattina non fosse andato a prenderlo.