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 2014  settembre 09 Martedì calendario

IL MISTERO DELLA FORMULA 1 NEI BILANCI DI MARANELLO

Milano
Luca Cordero di Montezemolo resterà forse agli annali per essere uno dei pochi manager cacciati malgrado i “buoni risultati economici” ottenuti in Ferrari. Lo ha riconosciuto lo stesso amministratore delegato della casa madre Fiat, Sergio Marchionne: “I risultati economici di Montezemolo sono molti buoni. Ma nel caso della Ferrari un manager deve essere valutato sia per i risultati industriali che per quelli sportivi. E in Formula Uno sono sei anni che non vinciamo”.
Nel bilancio della Ferrari, sui dati finanziari relativi alle gare sportive, a cominciare dalla Formula Uno, vige il massimo riserbo, perché non si vogliono fornire informazioni preziose alla concorrenza. Considerati i tempi che corrono, forse sarebbe piuttosto la Ferrari ad avere bisogno di imparare qualche segreto dagli avversari per tornare a vincere, ma tant’è. Secondo indiscrezioni, però, il giro di affari che, tra diritti soprattutto televisivi e vendita di gadget e simili, realizza la Formula Uno è pari a circa 1,5 miliardi di dollari, 700 milioni dei quali vengono ripartiti tra le diverse scuderie. Nel 2013, alla rossa di Maranello, dovrebbero essere andati 96 milioni di dollari di questa torta, pari a circa 74 milioni di euro.
Una cifra che non esaurisce tutto quello che entra con la Formula Uno e della quale, in ogni caso, non c’è traccia nel bilancio della Ferrari. Alla voce “ricavi delle vendite e delle prestazioni” si trova però qualche indizio utile. Nel 2013, le entrate “delle prestazioni di servizi” sono cresciute a 497 milioni dai 451 del 2013. Tale voce è composta da prestazioni pubblicitarie (da 161 a 169 milioni ), “affitto motori”, “rivalse su attività sportive”, che contano per poche decine di migliaia di euro, e soprattutto non meglio precisate “altre prestazioni”, che nel 2013 hanno fruttato alla società di Maranello qualcosa come 294 milioni dai 256 del 2012. Il bilancio imputa la crescita dei ricavi per prestazioni di servizi a due fattori: le royalty, cioè quello che intasca la società dallo sfruttamento del marchio, e “i buoni risultati della gestione sportiva”. Buoni, evidentemente, in termini di ritorno dell’investimento più che di performance sportiva in sé e per sé (Marchionne dixit). Così come quello che entra nelle casse della società con la Formula Uno e affini è verosimilmente inserito tra i ricavi per prestazioni e servizi, allo stesso modo, quello che esce dovrebbe essere tra i “costi per servizi”. Quest’ultima voce, nel 2013, è salita da 506 a 539 milioni di euro. Al suo interno, i “costi per prestazioni relative a ricerca e sviluppo”, che potrebbero contenere in senso lato gli investimenti del Cavallino per (tornare a) vincere nella Formula Uno, da soli sono cresciuti da 117 a 129 milioni. Secondo indiscrezioni, alla Ferrari prendere parte al circuito mondiale costa circa 250 milioni di euro l’anno.
Sta di fatto che il 2013 si è chiuso con un utile di esercizio di 212 milioni, dai 227 dell’anno prima. In attesa dei risultati dell’azienda di Maranello dei primi sei mesi del 2014 che saranno approvati giovedì, è indiscutibile che i numeri del 2013, definiti “buoni” dallo stesso Marchionne, insieme con l’innegabile forza del marchio del Cavallino, fanno senz’altro comodo alla casa madre Fiat, in un momento in cui sta organizzando la quotazione (Ipo) del nuovo gruppo nato dalla fusione con Chrysler a Wall Street. Al contrario, sarebbe stato un bel problema per l’ad e il presidente di Fiat, John Elkann, se a Montezemolo fosse riuscito il colpo della quotazione della Ferrari a Hong Kong, perché in quel modo avrebbe sottratto al gruppo automobilistico una fetta importante della torta che si sta preparando per ingolosire gli investitori statunitensi. E invece niente: senza la quotazione in Asia, non potranno entrare nuovi soci vicini all’attuale presidente di Ferrari. E non potranno aiutarlo nemmeno gli arabi del fondo sovrano di Abu Dhabi Mubadala, che, chiamati da Montezemolo, avevano rilevato il 5 per cento del Cavallino nel 2007 salvo poi fare le valigie appena tre anni dopo. Ferrari è al 90 per cento di Fiat. E Luca è solo.
Carlotta Scozzari, il Fatto Quotidiano 9/9/2014