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 2014  settembre 09 Martedì calendario

LA STRATEGIA DELL’AVVOCATO DEI “MORTI DI STATO”

Napoli
Riportare tutto al punto”. Riportare tutto alla sera della tragedia, all’inseguimento, al posto di blocco, al colpo che parte e uccide Davide Bifolco. Questo è l’obiettivo di Fabio Anselmo, l’avvocato di Ferrara scelto dalla famiglia del giovane ucciso per affrontare la lunga odissea della ricerca della verità sulla morte del figlio. “Stiamo facendo indagini difensive serrate, sentendo i testimoni, visionando materiale video e fotografico, mettendo insieme i tasselli. Non ci interessa la macchina del fango che si è messa in moto e che ha un solo obiettivo: screditare la figura di un ragazzo di 17 anni e della sua famiglia, puntando sul contesto, certamente difficile, in cui vivevano Davide e i suoi. I genitori sono messi a dura prova in questi giorni”.
È la strategia sottile del “è morto, sì, però…”. Già vista all’opera negli altri casi di morti per mano dell’eccessivo uso della forza da parte di agenti e carabinieri. Fu così per la morte di Stefano Cucchi, il geometra di 31 anni morto il 22 ottobre del 2009. L’obiettivo è sempre quello di “demolire” la vittima, aggiungere nebbia a nebbia pescando a mani basse nel passato di chi è stato ucciso, strumentalizzandolo.
Il morto è un “delinquente” comunque, un soggetto border-line, uno che vagava di notte per le strade ubriaco, un ex tossico, un ragazzo di strada che viaggiava in tre su un motorino senza casco.
È stato così per Federico Aldrovandi, lo studente ferrarese ucciso a soli 18 anni il 6 luglio 2009 dopo essere stato fermato da quattro agenti della polizia.
“Essenziali – dice l’avvocato Anselmo, difensore delle famiglie Cucchi e Aldrovandi – sono gli accertamenti delle prime ore, i medici legali che abbiamo nominato saranno presenti all’autopsia, ieri abbiamo chiesto e ottenuto che sul corpo di Davide venga effettuata una Tac e prelevati tessuti cutanei e dei vestiti intorno ai fori di entrata e uscita del proiettile. Tutti elementi essenziali per capire, presto consegneremo ai magistrati della Procura di Napoli un corposo fascicolo”.
È giusto che l’indagine resti a Napoli? L’avvocato Anselmo non vuole entrare in questa polemica. “Noi dobbiamo capire solo se la legge, anche a Napoli, è uguale per tutti, a prescindere dalle condizioni sociali e dai luoghi dove si vive. Pretendiamo, però, che le indagini non vengano affidate allo stesso corpo, in questo caso l’Arma dei Carabinieri, coinvolto, così come dice la Commissione europea dei diritti dell’uomo”.
Il legale ha ricevuto ieri una lunga telefonata del sindaco di Napoli Luigi de Magistris e oggi a Roma incontrerà il senatore Luigi Manconi, presidente della Commissione per il rispetto dei diritti umani di Palazzo Madama. “Per carità non si facciano errori – scrive in una nota il senatore – non si commettano omissioni, non si tralasci alcunché nella primissima fase di un’indagine così delicata. Rischiamo di dovercene pentire creando danni irreparabili e comunque condizioni di confusione e di approssimazione nocive per tutte le parti in causa. E proprio per questo sin dal primo istante è necessario che tutte (ma proprio tutte) le indagini e i rilievi siano condotti con la più oculata e rigorosa attenzione, con lo scrupolo più severo e con il rispetto minuzioso di tutte le regole”.
Ha suscitato scalpore la decisione della famiglia Bifolco di pubblicare le foto del cadavere del figlio. “Giudicare è troppo facile – commenta l’avvocato Anselmo – ma qui stiamo parlando di due genitori feriti, duramente provati. La loro è stata una decisione sofferta, dura, ma bisogna capirli”. L’espressione della morte sul volto ancora bambino del ragazzo sbattuto in faccia al mondo intero, la ferita provocata dal proiettile, alcuni graffi sulle spalle, sta circolando su tutti i social network. Un ultimo appello, l’avvocato Anselmo lo rivolge ad Arturo Equa-bile, il giovane latitante che più fonti indicano come il terzo uomo a bordo del motorino la sera della tragedia. “Si consegni alle autorità giudiziarie, dica la verità, lo faccia per il rispetto che si deve a Davide e alla sua famiglia”.
Enrico Fierro, il Fatto Quotidiano 9/9/2014