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 2014  settembre 09 Martedì calendario

IL SILENZIO DELL’AZIONISTA NASCONDE L’IDEA DI UNA FERRARI “NORMALIZZATA”

L’unico punto interrogativo rimasto è: come sarà la Ferrari senza Montezemolo? Nessuno a Maranello scommette più sulla possibilità di ricucire lo strappo di Cernobbio: un’epoca è chiusa. Si tratta solo di decidere come voltare pagina. Troppo dure le parole di Sergio Marchionne, troppo pesante l’allusione a chi «minaccia o suggerisce che la società avrebbe gravi problemi senza di lui». Da cui il corollario non meno pesante: «Nessuno di noi è indispensabile ». Che cosa abbia fatto scattare la reprimenda dell’ad del Lingotto contro il Presidente della Rossa sarà a lungo materia per studiosi: «Forse - dicono in Emilia - Marchionne ha interpretato male la frase di Montezemolo di sabato scorso», quel «se dovessi andarmene sarei il primo a dirlo», che ha dato a Torino l’impressione di una eccessiva autonomia della Ferrari dalla Fiat. Un misunderstanding? «Luca voleva solo rendere chiaro che non avrebbe tenuto nascosta una sua eventuale uscita dal gruppo», si ragiona a Maranello.
Ma può un equivoco su una frase far scattare la più clamorosa rottura in casa Fiat dai tempi dell’uscita di scena di Vittorio Ghidella? Evidentemente no. Ancora più delle parole di Marchionne, pesano in Ferrari i silenzi di John Elkann. Un rapporto diventato più difficile per la vicinanza di Montezemolo a Diego Della Valle, l’avversario degli Agnelli nella battaglia Rcs: «Paga l’amicizia con Diego», si sussurra nella galleria del vento. Anche da qui la freddezza di Torino. Sottolineata da segnali sempre più espliciti: l’assenza di ringraziamenti il giorno dell’annuncio dell’estromissione del numero uno di Ferrari dal nuovo consiglio di amministrazione dei Fca; lo stesso ostinato silenzio del principale azionista di fronte a una baruffa che coinvolge un uomo per anni garante dell’unità e della continuità della Famiglia. Davvero l’intemerata di domenica viene tutta dal sacco di Marchionne? Ciò che colpisce a Maranello è la durezza dei toni e la conseguente accondiscendenza dell’azionista: «Davvero - dicono gli uomini vicini a Montezemolo - un amministratore delegato potrebbe attaccare un presidente che porterà a casa quest’anno utili per 400 milioni e ricavi miliardari? Davvero si può mandare via chi ha creato il brand più forte del mondo con un merchandising che vale da solo 50 milioni all’anno»?
«Se lo fanno - ipotizzano nella Scuderia - è perché hanno in testa un’altra Ferrari». Una Ferrari «lamborghinizzata» come si dice da queste parti per raccontare in negativo la parabola di un’altra società emiliana fagocitata da un grande gruppo. Il rischio è di avere un marchio privato del glamour novecentesco e trasformato nella versione europea delle muscle cars d’oltreoceano. Una società completamente integrata nel gruppo Fiat: «Come la Marelli », è scappato di dire sabato a Marchionne nelle dichiarazioni di Cernobbio. In una Ferrari «come la Marelli» per Montezemolo non c’è evidentemente posto. Il presidente lo aveva già capito da mesi. E agli amici aveva confidato, in tempi non sospetti: «Lascio nel 2015». Ma immaginava un’uscita graduale, non una specie di aut aut. Ora però la frittata è fatta. Al di là delle stesse intenzioni di Marchionne che forse si è anche pentito per qualche tono sopra le righe nelle frasi di domenica scorsa. E’ fatta, la frittata, nonostante le solidarietà che arrivano al Presidente della Ferrari d’oltreoceano: «Telefonano dall’America », si stupiscono al Cavallino. E nonostante le telefonate di amicizia di qualche membro della stessa Famiglia.
La verità è che nessuno metterà in discussione una strada già segnata. Si discute il come, non il se, della fine dell’era Montezemolo. Si discute se si possa trovare un’exit strategy civile, per dirsi addio «senza prendersi a calci in faccia», senza rompere il delicato giocattolo della Rossa. Perché quel giocattolo servirà, e molto. Sarà la stella, la punta di diamante, il biglietto da visita di Elkann e Marchionne in America, lo strumento per convincere gli investitori di Wall Street a scommettere sul nuovo titolo Fca. Un incentivo forte anche perché sul piano dei mercati, con l’Europa che arranca, gli Usa che crescono senza sfracelli e il Sudamerica che segna il passo, è proprio il Cavallino l’atout da giocare. La presidenza toccherà quasi sicuramente a Marchionne che potrà presentarsi ai mercati finanziari come l’uomo che governa tutto l’impero. In alternativa quel posto potrebbe fare gola a John Elkann. Per il ruolo di amministratore delegato si fa il nome di Harald Wester, numero uno di Alfa Romeo e Maserati, l’uomo su cui pesa la responsabilità di rilanciare il polo del lusso di Torino e Detroit. Con la coppia Marchionne-Wester l’anomalia di Maranello e del suo attuale Presidente cesserebbe del tutto. Per questo bisogna fare in fretta. Non c’è più tempo di aspettare. La quotazione a Wall Street è alle porte, a metà ottobre, e nemmeno le autorità di controllo accetterebbero di portare sulla piazza finanziaria più importante del mondo un titolo con una lite in corso. Ma tutto potrebbe essere anche più rapido. Chi accoglierà gli ospiti allo stand Ferrari del Salone di Parigi, tra venti giorni?
Paolo Griseri, la Repubblica 9/9/2014