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 2014  settembre 09 Martedì calendario

PREZZI BASSI E QUALITÀ «L’ITALIA DIVENTERÀ META PER L’ETEROLOGA»


Nel privato costi tra 2.500 e 3.000 euro La procreazione medicalmente assistita ha sempre avuto in Italia dei «maestri» internazionalmente riconosciuti, pionieri anche nella fecondazione eterologa. Dieci anni fa però, con l’entrata in vigore della legge 40, questo tipo di percorso è diventato tabù nel nostro Paese. E anche quei «maestri» sono rimasti senza lavoro. Con il conseguente sviluppo di un «turismo da eterologa».
Si calcola che 20 mila coppie italiane, tra quelle abbastanza abbienti da poterselo permettere, abbiano avuto figli negli ultimi anni ricorrendo a centri spagnoli, svizzeri, francesi, inglesi, turchi, bulgari, romeni... Finanche via web, con un kit «fai da te» che ha portato alla luce ben 27 bambini eterologicamente concepiti in un solo anno (2011). Come? In Rete tutto è possibile, alla faccia dei divieti. La «cicogna» arriva anche con il postino. Con selezione delle caratteristiche del futuro pargolo: colore degli occhi e dei capelli, quoziente di intelligenza. Il servizio era offerto dalla filiale danese della Cryos International , la più grande banca del seme del mondo con 600 donatori nel registro. Prezzi bassi, ma sul risultato non c’è certezza. E il postino non suona sempre due volte. I clienti sono per lo più cliniche, ma anche i privati (già con la 40 in vigore) grazie al kit «fai da te». Selezione, ordine e pagamento online. I costi? Non cari: da 240 euro per 0,5 millilitri di seme, se il donatore è anonimo, a 320 se non lo è. La possibilità di selezione si paga. E, in questo caso, è possibile consultare il profilo del donatore in un database, ascoltarne la voce registrata, osservare com’era da bambino e conoscere il suo quoziente di intelligenza. L’età dei donatori varia dai 18 ai 45 anni. Ricevono circa 100 euro a prestazione. Controllati e certificati per salute e vitalità riproduttiva. Lo confermano i risultati: 2 mila gravidanze riuscite in media all’anno, di cui 27 a domicilio in Italia. Con 12 mila euro si acquista l’intera riserva di seme dello stesso uomo che, a gravidanza avvenuta, va in pensione. Questo per evitare concorrenze. Tanto l’offerta non manca. Spiega Ole Schou fondatore e direttore di Cryos: «Prima che il seme sia utilizzato, ci vuole un anno di screening per escludere malattie infettive o genetiche e verificarne la qualità. Di solito solo 8 volontari su cento passano il test. Eppure vi è un boom di donatori: 600 in lista d’attesa, mai accaduto prima». Chissà che non c’entri anche la crisi economica.
Grazie alla sentenza della Consulta, che si è preoccupata soprattutto di chi non poteva permetterselo, il «turismo riproduttivo» dovrebbe fermarsi automaticamente. Più difficile bloccare le banche di seme online, a meno che l’Europa non intervenga limitandone l’utilizzo ai soli centri specializzati. Ferma restando la web eterologa, il «mercato» potrebbe ora volgere a favore dell’Italia. Non lo dice chiaramente, ma lo spera Andrea Borini, presidente della Società italiana di fertilità e sterilità (Sifes): «I nostri prezzi sono in effetti più che competitivi e la qualità dei centri autorizzati è di altissima collocazione a livello internazionale». Già nello stabilire il rimborso per le prime strutture pubbliche (fatto storico) che, gratuitamente o con un ticket, garantiranno agli italiani la fecondazione eterologa si è fissata una cifra di 3.000 euro. E non è al risparmio. Borini, che è anche responsabile clinico e scientifico di Tecnobios Procreazione di Bologna, conferma: «In un centro come il nostro il giusto prezzo è sui 2.500 euro. Tremila al massimo». Tecnobios a fine settembre praticherà i primi transfer frutto di eterologa. Così come il pubblico Careggi nell’anticipatrice Toscana. Sottolinea Borini: «In circa l’80% dei casi si tratta di dono di ovociti, solo il resto è sperma». E i donatori in Italia non si pagano, né si pagheranno. Ecco perché il «mercato» potrebbe diventare favorevole ai nostri centri privati. Soprattutto in tempi bui per l’economia come questi.
A parte il pubblico che effettuerà l’eterologa con ticket (o gratuita) per gli italiani, il privato potrebbe fare bingo. Attirare persone da quegli stessi Paesi nei quali sono finora «emigrate per cura» oltre 20 mila coppie. Si stima che potrebbero arrivarne più del doppio da Svizzera, Germania, Gran Bretagna, Spagna, Russia... Perfino da Cina e India. Si parla di ricchi ovviamente, che già frequentano l’Italia delle spa e delle città d’arte e moda. Fare una eterologa mentre si visita Roma o si fa shopping in via Montenapoleone non è poi così male. A proposito di Roma, la Regione Lazio deve sbrigarsi ad autorizzare i centri. Non l’ha mai fatto ed esistono strutture nei sottoscala e potenziali situazioni a rischio sicurezza. Vedi lo scambio di embrioni avvenuto al Pertini di Roma.
Tornando al mercato, il nostro Paese offre al momento la qualità massima al minor costo. Molto meno degli 8.000-9.000 euro della Spagna e della Svizzera, dei 10.000 inglesi: dove i donatori hanno un minimo «sindacale» di 900 euro. Meno dei 4.000-4.500 dei Paesi dell’Est e della Turchia: dove ai donatori non si paga nulla. Nettamente meno delle parcelle statunitensi dove il costo medio è di 35.000 dollari (oltre 27 mila euro) con un 10% (come le mance) per i donatori. In Italia si sta anche sviluppando una nuova specialità: una sessuologia esperta in crisi da eterologa. Perché, e questo lo hanno studiato Vito Frugis e Cristina Iannuzzi a Verona, il post può presentare problemi (per fortuna rari) che non si hanno con la fecondazione omologa: dalla «sindrome di Giuseppe», padre putativo, alla rivalità della donna nei confronti della propria madre; dall’importanza di garantire una discendenza al nome della propria famiglia alla svalutazione di femminilità o virilità (rispetto ai donatori).
Intanto il numero delle Regioni in cui si praticherà l’eterologa, anche senza una legge, cresce. Dopo Toscana, Emilia Romagna e Liguria, ieri anche le Marche hanno annunciato il via libera: «Il costo? Decideremo tra gratuità dell’intervento o la previsione di un ticket, anche in base alle altre Regioni», dice l’assessore alla Salute, Almerino Mezzolani. In Liguria l’ipotesi è un ticket da pagare sulla base del reddito; in Toscana uno sui 500 euro; mentre l’Emilia Romagna opta per la gratuità. In Piemonte e Lombardia — dove non c’è ancora nessuna delibera — le ipotesi sono rispettivamente di un ticket da 600 euro e di uno sulla base del reddito.