Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2014  settembre 09 Martedì calendario

SE QUELL MARCHIO È COOL È TUTTO MERITO DI LUCA MA SERGIO EVITÒ IL CRAC


Se c’è qualcuno che apprezza e conosce il mito della Ferrari, quel qualcuno si chiama Sergio Marchionne. Lo apprezza, letteralmente, perché è uno dei pochi fortunati che quei gioielli se li può permettere e in effetti se li permette. Qualche anno fa si trovava a New York per il salone dell’auto di Detroit. Non aveva ancora comprato la Chrylser. Il cronista gli chiese: la Ferrari è in vendita? Lui diede appuntamento a quel cronista il giorno dopo davanti al Waldorf Astoria, all’angolo, dove c’era una concessionaria Ferrari. Fuori sul marciapiede una rossa fiammante. Marchionne retoricamente chiese: «Secondo lei quanti minuti ci vorranno perché si formi una fila di persone ad ammirare la Ferrari? Pochi istanti. Veda, la Ferrari è più di un’auto è un mito, un marchio, un’aspirazione. Non c’è Porsche che tenga. Saremmo matti a venderla». È lo stesso Marchionne che ieri con il suo stile diretto e brusco ha di fatto giubilato Luca Cordero di Montezemolo dal ruolo di superboss del Cavallino. C’è da dire che Marchionne deve avere un problema con la sua squadra che fa fuori con una certa velocità. Montezemolo fin troppo è durato. Ma qui non si vogliono mettere in discussione le scelte del numero uno della Fiat. Fino ad oggi ha dimostrato di capire bene cosa fosse finanziariamente necessario alla sua azienda. L’ha salvata dal crac e l’ha rimessa in campo. Ha comprato in America con grande abilità e tempismo. Il tocco di Marchionne sembra magico. E anche le polemiche sulla sua retribuzione sembrano del tutto fuori luogo visti i risultati portati a casa e soprattutto le stock option che ben minori imprese hanno fatto guadagnare. Crediamo però che ci sia un aspetto che al grande manager può apparire secondario e fuori dai suoi radar e che comunque è fondamentale nella vicenda Ferrari. Si chiama «fichizia», traduzione romana dell’americano cool. Ecco la Ferrari, grazie a Montezemolo, è diventata cool. È un oggetto che i ricchi di tutto il mondo non vedono l’ora di avere. In fondo se ne producono meno di 7mila l’anno. Una frazione rispetto alla Mercedes che pure genera un mucchio di quattrini e vince le gare in Formula Uno. È merito della storia del Cavallino, è merito del Drake, è merito del colore rosso, è merito degli ingegneri che la producono, è merito delle aste che battono auto vintage da milioni di euro, è merito del grande Pinin, ma diavolo sarà merito anche di Montezemolo che l’ha guidata negli ultimi lustri. Il peggior presidente della Confindustria (certo se non si paragona a chi l’ha seguito, tipo Marcegaglia), amichetto di tutti i salotti che contano, ma anche grazie a questi in grado di riportare alla fichizia un marchio che rischiava di morire con la 348. Chi scrive ha avuto decine di discussioni con Lcdm. E anche grandi motivi di critica. Ma al generale ferito sul campo si deve riconoscere il merito, fosse anche l’unico. E Montezemolo sa cosa è bello, sa come si costruisce un’auto, la sa indossare come fosse un abito su misura, sa vendere il nostro made in Italy e laggiù a Maranello ha costruito (grazie alla Fiat) una macchina da guerra, cioè una Ferrari, che se anche non vince da troppo un Gran premio di Formula 1, resta un mito italiano anche grazie a lui. Ps. Anche la Alfa Romeo era cool con il duetto del Laureato. E La Lancia del Sorpasso con il B24 disegnato da Pinin. A perdere la fichizia ci si mette un attimo, a riconquistarla un secolo.