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 2014  settembre 02 Martedì calendario

SE AL QAEDA ORA TRATTA CON L’ONU

Il blitz sul Golan ha ridato fiato agli eredi di Osama?
Jubat al Nusra detta condizioni all’Onu dal Golan, nuovo palcoscenico della guerra civile siriana. Il gruppo jihadista, emanazione diretta di Al Qaeda di Ayman al Zawahiri, tiene prigionieri in una località delle Alture 44 caschi blu dell’Onu, tutti di Fiji, e fa sapere al Segretario generale Ban Ki-moon che saranno rilasciati «solo se le nostre richieste saranno accettate». Si tratta di «aiuti umanitari» che i jihadisti chiedono all’Onu di distribuire nel Sud della Siria «per compensare il sostegno al regime di Bashar Assad». Proprio così, Al Qaeda rimprovera all’Onu «di aver abbandonato i civili siriani» con politiche «che hanno lasciato Assad al potere» e giustifica dunque la cattura dei caschi blu come «ritorsione», trattando il Palazzo di Vetro alla stregua di un protagonista di primo piano della guerra civile siriana, niente affatto imparziale. Se finora Al Qaeda ha bersagliato l’Onu, dalla strage nel quartier generale di Baghdad nell’agosto 2003 ai frequenti attacchi in Afghanistan, considerandola un simbolo dell’Occidente nemico, adesso Al Nusra l’accusa di «sostenere Assad» - riferendosi all’impasse del Consiglio di Sicurezza su condanne e intervento militare - trasformando i caschi blu in bersagli nella guerra civile in corso da oltre tre anni. Per i mediatori Onu che stanno tentando di liberare i 44 ostaggi si tratta di una complicazione, anche se in realtà la richiesta di «aiuti umanitari» pone le premesse per un compromesso. Ma ciò che più conta è l’intenzione di Al Nusra di trasformare il Sud della Siria in palcoscenico della propria forza in maniera analoga a quanto fatto dai rivali dello Stato Islamico (Isis) nel Nord-Est del Paese. Se la cattura dei caschi blu le consente di bacchettare l’Onu, il controllo del posto di frontiera di Quneitra le permette di vantarsi - con filmati sui siti jihadisti - di essere arrivata a poche centinaia di metri dal «nemico sionista». E non è tutto perché il controllo di questa regione strategica ha anche un valore particolare nella sfida ad Assad: dall’altopiano si tiene sotto tiro Damasco, che dista circa 40 km, inclusi i palazzi presidenziali. Ecco perché il raiss siriano ha ordinato a ciò che resta delle sue armate di riconquistare le posizioni perdute: nella battaglia ancora in corso è stata ripresa, a fatica, la città di Quneitra ma non il posto di frontiera.
Maurizio Molinari, La Stampa 2/9/2014