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 2014  settembre 02 Martedì calendario

CONTE: “CALCIO DA CAMBIARE SEMPRE MENO ITALIANI IN CAMPO”

Per mettere insieme undici giocatori italiani, titolari alla prima di campionato, Antonio Conte ha girato cinque ritiri: Roma, Lazio, Fiorentina, Milan e Inter. Come capita da anni a tutti i ct s’è sentito straniero in patria: «Entri nello spogliatoio e ci sono due o tre italiani», aveva raccontato al suo staff sorridendo, ma mica poi tanto. Tutta colpa di Optì Poba, direbbe Carlo Tavecchio. Che ieri è tornato sull’argomento lasciando almeno stare l’ortofrutta, bontà sua: «I troppi stranieri nel campionato sono uno dei problemi del calcio italiano», dice il presidente della Federcalcio, che nel pomeriggio è passato da Coverciano per salutare gli Azzurri. «Ma vogliamo aprire una stagione di riforme - aggiunge - e sono fiducioso». Quante volte l’avete sentita questa?
Il campionato è ormai colonizzato, dev’essere l’unico settore del Paese che parla lingue straniere, e neppure c’è la speranza di imparare qualcosa, rubando l’arte ai fenomeni: in fondo, copiando s’impara. Ma se una volta s’importava la massima espressione della specie, da Maradona a Zidane e Ronaldo, quello vero per dirla con Mourinho, adesso siamo il Sunset Boulevard del pallone, un luogo di villeggiatura per campioni che furono (altrove). Ex frombolieri per un ex campionato. E intanto, gli italiani non giocano: «La situazione non è semplice, questo è fuori di dubbio - spiega Conte - perché vedere squadre con zero italiani in campo o con uno o due, non facilita il mio compito: avremmo bisogno di gente che gioca titolare nel proprio club e che abbia il ritmo partita. Dobbiamo fare delle riflessioni, e servono delle riforme di una certa importanza». Tavecchio parte all’attacco, non prima di aver spianato l’indignazione: «Non è possibile andare avanti così. I giocatori dei 28 Paesi della Ue non possono essere toccati. Per gli extracomunitari invece, riceviamo quantità industriali di questi giovani - continua il numero uno Figc - che vengono collocati sui nostri mercati. Molti hanno fortuna e altri no». Si studierà come limitarne il numero. Ecco un’altra soluzione: «La Lega dilettanti sta creando 19 centri federali per avere un bacino d’utenza di 700.000 giovani da proporre al mondo professionistico, con l’obiettivo di mettere le società nelle condizioni di trovare i futuri campioni». Come se in Italia mancassero scuole calcio e società: magari il guaio sta nei metodi di allenamento e nello scouting. La speranza è che possa dare una mano Conte, cui è demandata pure la supervisione sul settore tecnico giovanile: «Anche in questo caso - dice il ct parlando degli allenatori - io non sono arrivato per tagliare teste, ma come sempre deciderà il criterio della meritocrazia». Se è ovviamente questione di talento, lo è pure di coraggio, richiesto per lanciare i giovani. E di tecnici appunto: come Conte, che chiama in Nazionale Zaza, o Allegri che lanciò El Shaarawy. Tavecchio vorrebbe partire dalla modifica dei campionati: «La madre di tutte le battaglie». E da un maggior ruolo della Federcalcio: «Bisogna restituire alla Federazione la sua forza: nessuno può fare attività agonistica in Italia o in Europa, senza la Figc». Difficile credere sia uno dei maggiori problemi. Nell’attesa, Conte dovrà pescare da quel che ha: «Per le convocazioni ci sarebbe una rosa ampia, ma mi piacerebbe che gli italiani giocassero titolari nella propria squadra. Speriamo che la Nazionale sia di stimolo». Ecco, al momento siamo ancora alla speranza.
Massimiliano Nerozzi, La Stampa 2/9/2014