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 2014  settembre 02 Martedì calendario

JIHAD ROCK: IL FASCINO DELLA TRASGRESSIONE

Londra
Agli inizi degli anni ’90 era la chitarrista e la cantante leader di un gruppo rock di sole ragazze. In un video su Youtube (poi rimosso) cantava a squarciagola, si dimenava in minigonna, indossava un micro top nero ed era bionda ossigenata. Voleva diventare una rockstar. Oggi Sally Jones è una jihadista, si fa chiamare Sakinah Hussain (e Umm al-Hussain Britani come nome di battaglia) e sul suo account twitter appare in una foto con il burqa più estremo, quello che mostra solo gli occhi e copre anche le mani con i guanti neri: non una parte del corpo deve essere visibile. Imbraccia un Ak47, il fucile mitragliatore Kalashnikov che ormai è il simbolo della guerra all’Occidente per i militanti dell’Is: si fanno fotografare tutti con l’Ak47, anche i bambini e i ragazzini. La storia di Sally Jones è emblematica. Disoccupata, viveva di sussidi, abitava in una casa popolare a Chatham, nel Kent, con due figli, pare di 14 e di 10 anni. Cittadina britannica di 45 anni, un po’ rumorosa, come testimoniano i vicini di casa, e un po’ fuori di testa. La descrivono come una sempre distratta e ansiosa, che usava un linguaggio pessimo e non educava i figli. “Gli uomini andavano e venivano dalla sua casa, dove viveva come madre single”. Poi l’incontro con Junaid Hussain, 20 anni, anche lui cittadino britannico convertito all’Islam e finito nelle file degli indottrinatori radicali. Potrebbe essere suo figlio, invece tra i due nasce una storia d’amore online. La donna, racconta il fratello al Sunday Times, si è innamorata ed è scappata con il suo toyboy jihadista. “La nostra famiglia è distrutta e sconvolta. Non vogliamo avere niente a che fare con questa storia”, ha detto il fratello, che vive nel Surrey e fa il piastrellista.
I vicini hanno raccontato che “era un incubo, gridava a tutte le ore del giorno e della notte. Tutto in lei era estremo. Aveva anche problemi di soldi e per un periodo si era convinta di essere una strega”. La ex aspirante rockstar ha postato sui social network minacce di tutti i tipi. Insulta gli ebrei e loda Osama bin Laden e scrive. “Voi cristiani avete bisogno di una bella decapitazione con un coltello che non taglia... Venite qui, ve lo faccio io”. Il marito Hussain era un hacker a capo di un gruppo di terroristi cibernetici che si facevano chiamare Team Poison. Si sono sposati e all’inizio di agosto hanno scritto sul web di essere riusciti a raggiungere la Siria e ad unirsi alle truppe dei combattenti islamici. È un disadattato, ai margini della società quanto lei. Era fuori su cauzione per aver partecipato ad azioni violente a Birmingham. Si è già fatto sei mesi di prigione, nel 2012, per aver rubato “informazioni sensibili” dal computer di un assistente di Tony Blair e per aver bloccato una linea governativa antiterrorismo con telefonate false. Hussain è anche un compagno di jihad di Abdel-Majed Abdel Bary, 24 anni, il sospettato numero uno per la decapitazione del giornalista americano Jim Foley. Era partito assieme a lui per le zone di guerra in Siria, e avevano fatto l’addestramento. Jones, per i giornali inglesi, è una “improbabile convertita islamica” e “ancor più improbabile membro della milizia” del califfato. Eppure è da personaggi come questi che Londra si aspetta un “probabile attacco terroristico”. L’allerta è stata alzato a livello 2, solo un gradino sotto al massimo. E in questo clima ieri il premier David Cameron ha spiegato alla Camera dei Comuni le nuove misure antiterrorismo che entreranno presto in vigore, appena saranno appurate le questioni legali sulla limitazione della libertà personale. Scotland Yard avrà il potere di sequestrare il passaporto dei cittadini britannici sospettati di viaggiare all’estero per unirsi a gruppi terroristici (ora si può fare solo a livello diplomatico), per impedire il rientro nel regno Unito. “Il passaporto non è un diritto”, ha detto il Primo Ministro. Sono allo studio anche misure che prevedono la “rieducazione” ai valori britannici per chi ha manifestato idee radicali e il domicilio coatto, con divieto di entrare a Londra per i sospettati.
Caterina Soffici, il Fatto Quotidiano 2/9/2014