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 2014  settembre 02 Martedì calendario

RENZI ALLA PROVA DELLE PENSIONI. SALVA MAMMA O PAPÀ?

Comunque vada la pensione della mamma del premier è salva. Laura Bovoli è una baby pensionata con poco più di 18 anni di anzianità scampata per un pelo alla riforma Dini che nel 1995 abbandonò il sistema retributivo, che riconosceva con il calcolo degli interessi maturati, per quello contributivo, decisamente più misero. E per quell’alchimia creata dai continui ritocchi delle norme in Italia, la signora Renzi ha potuto poi creare delle società, diventarne amministratrice e percepire utili senza vedersi rimodulare l’importo della pensione. Che non supera i due mila euro. Quindi, anche se l’esecutivo dovesse adottare la proposta del ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, che prevede di intervenire sopra i 2 mila euro, la baby pensionata Bovoli non avrebbe alcuna ripercussione. Il premier ha già bocciato il testo Poletti, spiegando che colpirebbe troppi italiani e che semmai l’intervento coinvolgerà quanti percepiscono più di 3.500 euro.
Mettere mano a una riforma delle pensioni non è cosa facile perché si va a incidere sull’equilibrio economico già instabile delle famiglie. In più c’è il rischio di creare nuovi paradossi tra le figure previdenziali. Il sistema pensionistico è già caratterizzato da numerosi squilibri. Molti se ne trovano proprio in casa Renzi. La mamma del premier venerdì ha compiuto 64 anni. Di cui oltre venti da pensionata. Ha lasciato il lavoro poco dopo aver spento la 40esima candelina. Nel 1995 la riforma contributiva del governo Dini introduce un nuovo metodo di determinazione della pensione di vecchiaia basato sul calcolo contributivo e non più retributivo. Ma prevede per chi matura almeno 18 anni di anzianità nel 1996 di lasciare il lavoro con una indennità superiore a quanto versato. La signora Renzi, insegnante alle scuole medie pubbliche, fa due conti rapidi e si arruola nei baby pensionati. Ha versato quanto basta per rimanere nel vecchio sistema. Ed è così beneficiaria di una norma che Renzi sosteneva di voler rimodulare. Quando era un rottamatore. Se venisse rivisto il sistema previdenziale e ridistribuito equamente, la mamma ne sarebbe penalizzata, ma ne gioverebbe il padre Tiziano, che vive invece nel limbo delle categorie di settore. Renzi senior ha 63 anni, lavora da 40. Prima come supplente di educazione fisica, per i cinque anni in cui si è iscritto all’Isef dopo la prima laurea in Lettere, poi diventa agente di commercio e amministratore. Versa i contributi all’Enasarco che a sua volta li gira all’Inps. Quando nel dicembre 2011 il governo Monti sforna la legge Fornero, a Tiziano converrebbe lasciare ma scopre che gli mancano ancora tre anni di contributi perché nel frattempo l’esecutivo Berlusconi, tra il 2009 e il 2010, cambia il conteggio Inps per gli agenti di commercio, trasformandolo in quote. Ogni governo, si sa, ha i propri ministri ombra alla complicazione. Per capire come riequilibrare la previdenza a Renzi basterebbe guardare in casa. Dove, oltre ai genitori, anche le nonne incarnano altre due tipologie pensionistiche agli antipodi. Anna Maria, la nonna paterna, percepisce il minimo sindacale da casalinga riconosciuto quando è rimasta vedova: 400 euro, circa. La nonna materna, invece, prende quasi dieci volte di più. Maria ha 94 anni, ha perso il marito 42 anni fa vedendosi riconoscere la pensione di reversibilità che nel frattempo ha superato i 3 mila euro al mese. Al caso della nonna Maria, già un anno fa, Renzi aveva fatto riferimento per rimodulare il sistema contributivo. Nel novembre 2013 a Servizio Pubblico si chiese: “È giusto che continui a prendere ancora oggi quella pensione da 3 mila euro al mese?”. In casa ci fu una mezza rivolta. Lo zio, Nicola Bovoli, tirò le orecchie al nipote ancora rottamatore: “Avrebbe avuto meno soldini anche Matteo senza la pensione di reversibilità di papà”, disse. E la signora ha sei figli, 24 nipoti, 43 bisnipoti.
Guardando al futuro, in casa Renzi c’è un altro squilibrio, che riguarda il premier: lui è stato assunto dall’azienda di famiglia prima di essere eletto e così i contributi li ha versati prima la Provincia poi il Comune di Firenze, benefici della politica. Anche la sorella lavora nell’azienda di famiglia, ma come il padre è destinata al limbo dei liberi professionisti. In casa Renzi, dunque, andrebbero ridotte le pensioni della madre e della nonna materna e aumentate quelle del padre e della nonna paterna. Ma il premier ha anche un’altra scelta: non toccare nulla.
Davide Vecchi, il Fatto Quotidiano 2/9/2014